Dal 1° gennaio 2025, in Italia sono morti 873 lavoratori, di cui 621 sul posto di lavoro, con una media di una morte ogni 6 ore. Lo ha attestato l’Osservatorio Nazionale [1] Morti sul Lavoro nel suo ultimo report, rendendo noto che si tratta dei numeri più alti registrati nei 18 anni di esistenza dell’ente. Tra le vittime, oltre il 30% ha più di 60 anni (di cui il 17% oltre 70) e il 32% è costituito da stranieri. Le categorie più colpite includono i lavoratori agricoli, gli autotrasportatori, e chi soffre per stress da superlavoro. Se si considerano solo i dati INAIL, che escludono migliaia di lavoratori non assicurati o assicurati con altri enti, le denunce al 30 maggio 2025, comprensive di itinere, risultano invece, in un’enorme sottostima, appena 389.
Il rapporto dell’Osservatorio Nazionale Morti sul Lavoro riguarda il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e il 31 luglio. Senza prendere in considerazione i morti in itinere, la regione dove si è registrato il numero più alto di casi (in termini assoluti) è la Lombardia, con 73 morti; seguono la Campania con 58, e l’Emilia-Romagna e il Veneto con 56. Mettendo in proporzione il numero di morti alla popolazione, invece, la regione con il tasso più alto è l’Abruzzo (31 morti in termini assoluti), con 24,2 morti per milione di abitanti; seguono la Basilicata (10 morti totali) con 18,5 morti per milione di abitanti e il Trentino-Alto Adige (15 morti) con 13,9. Secondo il rapporto, la maggior parte delle morti (94) sono avvenute per schiacciamento da trattori o mezzi agricoli; altre categorie particolarmente colpite sono quella degli autotrasportatori (88 morti) e delle persone morte per fatica o stress da superlavoro (anch’esse 88), che include, per esempio, operai, braccianti, medici e infermieri. I morti per incidenti domestici risultano 48, mentre 11 sono morti durante la potatura di alberi. Il rapporto stima, infine, che «gli stranieri sotto i 65 anni diventeranno presto la maggioranza delle vittime sui luoghi di lavoro».
Dalla nascita dell’Osservatorio nel 2008, il dato del 2025 risulta il più alto di sempre. Tra le responsabilità politiche e normative di questo aumento, il rapporto cita l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e l’aumento degli appalti con la legge del giugno 2023. Di preciso, l’Osservatorio riporta che, dall’abolizione dell’articolo 18, si è registrato un aumento del 43% dei morti, mentre la legge del 2023 «ha provocato un aumento del 15% dei decessi, soprattutto in edilizia e appalti pubblici». Di fronte ai dati in aumento, il governo ha dichiarato che stanzierà 650 milioni per «potenziare il sistema di incentivi e disincentivi per le imprese», mettendo tuttavia al centro la cosiddetta «cultura della prevenzione», che, secondo l’esecutivo, deve partire dal lavoratore stesso. L’annuncio è arrivato il primo maggio [2], con quel classico tempismo simbolico che caratterizza la politica, e non include alcuna misura volta ad aumentare concretamente la tutela dei lavoratori. Eppure, proposte alternative ci sarebbero, e risiedono in Parlamento da oltre un anno: l’entrata in vigore di una legge che istituisca il reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro [3], che porterebbe, secondo i promotori, a significative modifiche nell’atteggiamento dei responsabili della sicurezza.