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Il presunto “assalto antisemita” all’autogrill e i deliri della stampa italiana

Di quanto accaduto domenica all’autogrill di Lainate non sappiamo quasi nulla. C’è un video in cui si vedono molte persone apostrofare un cittadino francese con la kippah in testa (il tipico copricapo ebraico) dicendogli «Andate a casa vostra, assassini», «Free Palestine», «Questa non è Gaza, è l’Italia, Palestina Libera». Il video si interrompe senza che nessuno alzi le mani e l’unica minaccia fisica proviene dalla bocca dello stesso cittadino ebraico che, rivolgendosi a un uomo, dice: «Vieni fuori che ti spacco la faccia» e poi urla «Viva Israele». Sappiamo poi che un lavoratore dell’Autogrill ai cronisti ha affermato «non ho visto nessuno alzare le mani». E sappiamo che lo stesso cittadino ebraico, il presunto assalito, non ha sporto denuncia, né si è recato in un pronto soccorso a farsi refertare, salvo poi dire di essere stato brutalmente menato sui social. Eppure oggi, leggendo i principali quotidiani e ascoltando le dichiarazioni politiche tutti credono che vi sia stato «un brutale pestaggio», una «caccia all’ebreo» e che siamo piombati in una «Shining del fanatismo», come scrive il solito Michele Serra sulla Repubblica.

Sapere con precisione cosa sia accaduto non è nemmeno nelle nostre possibilità. Può essere che dopo l’interruzione del video, che ha registrato dal telefonino lo stesso cittadino ebraico che si trovava all’autogrill con il figlio, ci sia stata effettivamente un’aggressione fisica? Non possiamo escluderlo, è stata aperta un’indagine dalla Procura di Milano e magari nelle prossime settimane se ne saprà di più. Può essere, al contrario, che non ci sia stato niente più di qualche insulto e il presunto aggredito si sia inventato un pestaggio inesistente? Allo stesso modo è possibile e nessuno può escluderlo. La deontologia professionale in questi casi prevede un comportamento ovvio e lineare per i giornalisti: data l’impossibilità di verificare i fatti o non si scrive nulla, o – se proprio si ritiene che si tratti di una notizia – se ne scrive utilizzando la forma dubitativa e tutti i condizionali del caso.

Invece, alcuni dei principali quotidiani italiani hanno titolato come segue: Percosse e odio razziale (La Repubblica); Famiglia ebrea assalita (Il Corriere della Sera); Caccia all’ebreo (Libero); Ebrei picchiati in autogrill (Il Giornale); Antisemitismo, è allarme (Il Giorno). All’interno articoli in fotocopia, dove l’uso del condizionale quasi non esiste e – senza alcuna fonte a supporto, se non la denuncia via social del presunto aggredito – si dà per assodato che dentro l’autogrill in provincia di Milano numerose persone, accecate dall’odio per quanto Israele sta facendo a Gaza, hanno picchiato brutalmente un povero turista colpevole solo di essere di religione ebraica.

E poi, al solito, ci sono gli articoli di “approfondimento”. Dove spesso si ha l’unico obiettivo editoriale di fare allarmismo generalizzato. Come quello pubblicato [1] su La Stampa a firma di Luca Monticelli, che si limita a fare da cassa di risonanza al rapporto falso sugli “877 casi di antisemitismo” registrati in Italia nel 2024. Un rapporto spazzatura (che su L’Indipendente abbiamo smascherato [2] già quattro mesi fa) scritto dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, il cui consiglio di amministrazione è nominato direttamente dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ossia la principale organizzazione in difesa degli interessi israeliani in Italia.

E poi, purtroppo, ci sono anche gli editorialisti del pensiero dominante. Maestri della retorica da quattro soldi da usare sempre e solo a senso unico. Col loro stile liberale che, ci mancherebbe, «le critiche ad Israele sono legittime ma, signora mia, dove andremo a finire così se non facciamo qualcosa». Come Annalisa Cuzzocrea che nel consueto registro strappalacrime tira fuori Anna Frank, Primo Levi, il nazismo e il fascismo per spiegare [3] che là fuori è pieno di antisemiti che odiano gli ebrei con la scusa della Palestina. Come il pluri-riciclato Daniele Capezzone (quello che, ancora oggi, afferma che Israele a Gaza si sta legittimamente difendendo dal terrorismo) che, su Libero, si chiede [4] retoricamente «Cos’altro deve succedere perché sia convocata una grande manifestazione contro l’antisemitismo». Come, ovviamente, il “campionissimo” Michele Serra, che sulla propria rubrica fissa su Repubblica, amaramente considera [5] che «pestare un francese ebreo incontrato in autogrill […] solo perché indossa una kippah e reagisce agli insulti; e pensare che pestarlo significhi essere “dalla parte di Gaza”, richiede una buona dose di stupidità».

E io intanto, altrettanto retoricamente, mi chiedo di cosa serva una buona dose per pontificare regolarmente, e sempre in direzione del vento, su cose di cui non si sa nulla.

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Andrea Legni

Giornalista professionista dal 2013, autore di documentari, reportage e inchieste pubblicate sui principali quotidiani italiani. È cofondatore e direttore de L’Indipendente.