Il governo italiano ha avanzato una richiesta per accedere al fondo europeo SAFE per la difesa, al fine di ricevere finanziamenti nel settore bellico. La richiesta prevedrebbe l’accesso a 14 miliardi di euro in cinque anni, con rimborsi da spalmare in 45 anni. Il fondo SAFE è una delle iniziative previste dal piano di riarmo lanciato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Esso prevede la raccolta di una somma fino a 150 miliardi di euro sui mercati, da erogare sotto forma di prestiti diretti agli Stati che ne fanno richiesta, e contempla l’avvio di procedure d’appalto comuni e semplificate. Hanno aderito al fondo altri 17 Paesi dell’UE, 12 dei quali hanno chiesto anche una deroga al Patto di Stabilità per aumentare i propri investimenti nell’industria delle armi al di fuori dei vincoli di debito da esso previsti.
La richiesta di adesione al fondo SAFE da parte dell’Italia sarebbe stata presentata nella notte di martedì 29 luglio, in seguito a un vertice tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini e, tra gli altri, il ministro della Difesa Guido Crosetto. L’arrivo della domanda è stato confermato dal Commissario Europeo alla Difesa, Andrius Kubilius [1], che ha annunciato il «forte interesse» dei Paesi UE verso il fondo. Da quanto comunica Kubilius, le richieste di adesione mobiliterebbero un totale di «almeno 127 miliardi di euro» in potenziali appalti di difesa. «La tempestiva manifestazione di interesse consentirà alla Commissione di valutare la domanda e di prepararsi alla raccolta di fondi sui mercati dei capitali», si legge nel comunicato della Commissione, che ricorda anche che il termine per la presentazione formale delle richieste di adesione a SAFE è fissato al 30 novembre 2025. I dettagli delle richieste dei singoli Paesi non sono ancora noti, ma secondo le anticipazioni della stampa l’Italia avrebbe avanzato domanda per accedere a 14 miliardi per finanziare programmi di difesa già pianificati nel quinquennio 2026-2030.
Il fondo SAFE [2] è una delle misure principali del piano di riarmo [3] della Commissione Europea. SAFE ha l’obiettivo di sostenere appalti congiunti tra gli Stati membri, incentivando la cooperazione industriale nel settore della difesa. I prestiti saranno erogati agli Stati che ne faranno richiesta sulla base di piani nazionali. Il piano si articola in due categorie principali di spese ammissibili: la prima riguarda munizioni, missili, sistemi di artiglieria e capacità di combattimento terrestre, inclusi droni e sistemi anti-drone; la seconda comprende difesa aerea e missilistica, capacità navali, trasporto aereo strategico, sistemi spaziali e tecnologie basate sull’intelligenza artificiale. Per richiedere i finanziamenti a un progetto, almeno il 65% del suo valore deve provenire da aziende del settore della difesa situate nell’UE, in Ucraina o in un Paese dello Spazio Economico Europeo o dell’Associazione Europea di Libero Scambio. La quota di componenti provenienti da Paesi terzi non potrà superare il 35%, a meno che non si tratti di subappalti inferiori al 15% del valore complessivo. In questo quadro, l’Unione ha aperto anche alla partecipazione di Paesi terzi selezionati, tra cui l’Ucraina e il Regno Unito.
Sono in tutto 18 i Paesi dell’UE che hanno chiesto l’accesso al fondo SAFE per la difesa; accanto all’Italia, figurano infatti anche Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Spagna e Ungheria. A questi si aggiungono i 16 Paesi che hanno chiesto una deroga al Patto di Stabilità per aumentare la spesa per la difesa nei prossimi anni. Tale misura, anch’essa centrale nel piano di riarmo, prevede che i Paesi aumentino la spesa per la difesa fino all’1,5% del proprio prodotto interno lordo annuo per quattro anni, ignorando i vincoli del Patto di Stabilità e ricorrendo a nuovo debito. Tale sospensione, sostiene von der Leyen, potrebbe generare fino a 650 miliardi di euro nel prossimo quadriennio che, uniti ai 150 messi a disposizione con SAFE, porterebbero il totale delle risorse mobilitate per il piano a 800 miliardi. A chiedere l’accesso [4] a questa seconda misura sono stati, precisamente, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Ungheria.