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A Palermo importanti boss mafiosi sono tornati in libertà: l’antimafia in allerta

Numerosi mafiosi di spicco stanno tornando in libertà a Palermo. Si tratta di personaggi apicali nelle gerarchie di Cosa Nostra, i quali, dopo aver scontato le loro pene, possono reinsediarsi nelle loro aree di influenza: tra questi, ci sono Calogero Lo Piccolo e Giovanni Sirchia, cui furono messe le manette nell’ambito di un’indagine incentrata sulla ricostituzione della Commissione mafiosa – organo di vertice della consorteria – in seguito alla morte di Totò Riina. Ma sono presenti anche Rosario Lo Bue, ex capomafia di Corleone, e Patrizia Messina Denaro, sorella di Matteo, che ebbe un ruolo attivo nella super-latitanza del boss. Il tutto avviene dopo che, negli scorsi mesi, hanno ottenuto la libertà vigilata – senza passare dalla collaborazione con la giustizia – molti altri esponenti di Cosa Nostra, tra cui killer spietati e addirittura un boss stragista. E ora, nel capoluogo siciliano, la preoccupazione torna ai massimi livelli.

A fare ritorno a casa, come rivelato da Salvo Palazzolo sull’edizione palermitana di Repubblica, sarà Calogero Lo Piccolo, figlio del “barone” Salvatore, importante capomandamento di San Lorenzo. Calogero era stato arrestato nel 2019 nell’ambito dell’indagine “Cupola 2.0”, con l’accusa di aver preso le redini del mandamento e di essere stato attivo nella ricostituzione della Commissione di Cosa Nostra. Quest’ultima, negli anni precedenti, era infatti stata decimata dagli arresti ed era scevra di una vera leadership. Dopo la morte di Riina, deceduto in carcere nel novembre 2017, Lo Piccolo – più volte arrestato e appena uscito dal carcere per un’altra condanna – era stato promotore e partecipe del primo meeting per ristrutturare le alleanze interne all’associazione mafiosa e rendere più efficiente il coordinamento tra le famiglie, alcune delle quali sull’orlo di un conflitto. Un altro personaggio che ha finito di scontare la sua pena è Giovanni Sirchia. Anche lui fu arrestato nell’ambito della medesima inchiesta, con l’accusa di avere organizzato logisticamente la riunione in cui i boss sancirono la rifondazione della Cupola. In tale cornice, venne eletto il nuovo capo di Cosa Nostra, il gioielliere palermitano Settimo Mineo, arrestato insieme a decine di altri mafiosi.

In questa lista spicca la figura di Rosario Lo Bue, ex capomandamento di Corleone. Classe 1943, la sua carriera criminale si è sviluppata all’ombra di Totò Riina e Bernardo Provenzano, che si sarebbero poi succeduti alla guida di Cosa Nostra dopo la Seconda guerra di mafia. Il potere di Lo Bue si estendeva in particolare nei settori della compravendita di bestiame e della grande distribuzione, in cui beneficiava anche dei relativi contributi comunitari. Nel 2023, erano stati definitivamente confiscati alla famiglia Lo Bue rapporti bancari, abitazioni, terreni, polizze assicurative, complessi di beni aziendali e di un magazzino per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro. Eccellente è anche il nome di Anna Patrizia Messina Denaro, tornata a Castelvetrano – feudo di suo fratello Matteo e, prima ancora, del capomafia Francesco, suo padre – dopo aver passato in galera gli ultimi 12 anni della sua vita. La donna era stata arrestata nel 2013 e successivamente condannata per i reati di associazione mafiosa ed estorsione, avendo gestito in prima persona le comunicazioni del superlatitante. Quest’ultimo venne catturato il 16 gennaio del 2023, morendo poi di cancro in carcere otto mesi dopo. Si andava dai tradizionali “pizzini” alle chat sui social network, anche grazie all’utilizzo di account fake.

La portata di questa vicenda risulta amplificata [1] se si pensa che, negli ultimi mesi, è stata concessa la semilibertà a mafiosi responsabili di efferati omicidi che non hanno mai aperto bocca davanti ai magistrati sui loro pesanti trascorsi criminali. Tra loro, gli spietati killer di mafia Raffaele Galatolo e Paolo Alfano, lo storico capomandamento Ignazio Pullarà e ad altri mafiosi di spicco come Franco Bonura, Gaetano Savoca e Tommaso Lo Presti, che hanno potuto fare ritorno a Palermo. Ma anche il boss stragista Giovanni Formoso, punito con l’ergastolo per aver caricato l’autobomba utilizzata nell’attentato di via Palestro a Milano, il 27 luglio 1993, che causò 5 morti. Anche lui ha ottenuto la semilibertà – è la prima volta per un boss mafioso condannato per strage e mai pentitosi –, ma, almeno per ora, con il divieto di tornare in Sicilia. Il tutto è avvenuto a causa di un approccio giurisprudenziale molto più permissivo rispetto al passato, segnato da dirimenti sentenze della Corte Europea dei Diritti Umani e della Corte Costituzionale, che hanno reso non più assoluto il divieto di benefici penitenziari per la mancata collaborazione con la giustizia dei condannati.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.