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Carrefour, al centro del boicottaggio per la Palestina, abbandona l’Italia

Carrefour cede la sua rete italiana di 1.188 punti vendita a NewPrinces Group, in un’operazione da un miliardo di euro. La transazione, che vedrà la rete tornare al marchio storico GS entro tre anni, segna una nuova fase per l’azienda italiana, che diventa il secondo attore del settore food nel Paese. La decisione arriva dopo anni di vendite in calo per il gruppo francese in Italia e dopo che esso è diventato un obiettivo di boicottaggio per il suo presunto sostegno a Israele nel conflitto israelo-palestinese. Carrefour è infatti stato definito senza mezzi termini dalla campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) come un «facilitatore del genocidio» in atto a Gaza e oggetto di numerose operazioni di boicottaggio, che hanno avuto un impatto sui suoi conti in numerosi Paesi.

NewPrinces Group, azienda italiana fondata da Angelo Mastrolia, ha acquisito [1] la rete Carrefour Italia, composta da 642 punti vendita diretti e 385 in franchising. L’operazione comprende l’intero perimetro di Carrefour Italia, incluse le sussidiarie Carrefour Property, GS Spa e Carrefour Finance. Il gruppo, che precedentemente operava nel settore alimentare, prevede un forte aumento di fatturato, passando da 750 milioni a 6,9 miliardi entro fine anno. Tuttavia, l’acquisizione è accompagnata da preoccupazioni sindacali per l’occupazione, con 18mila dipendenti coinvolti. Nonostante il calo dei ricavi e dell’utile operativo di Carrefour in Italia, NewPrinces punta a integrare la propria piattaforma logistica e ad espandere i canali di vendita online e nel settore horeca. Il governo italiano ha accolto positivamente l’operazione, considerando un rafforzamento del made in Italy, e ha programmato incontri con le parti coinvolte per monitorare l’impatto industriale e occupazionale. Carrefour ha deciso di uscire dal mercato italiano a causa delle perdite accumulate negli ultimi anni, con l’ultimo esercizio in rosso per 150 milioni di euro.

Quel che è certo è che, a livello mondiale, nell’ultimo periodo Carrefour ha patito conseguenze economiche sfavorevoli anche e soprattutto in seguito alla campagna [2] scatenata contro il marchio dal movimento BDS, che ha conseguito successi significativi. Infatti, tali boicottaggi hanno fatto registrare all’azienda un calo del 47% nei profitti nei primi sei mesi del 2024 e sono sfociati nella chiusura di punti vendita in Oman e in Giordania. Al colosso francese della grande distribuzione è stato imputato di sostenere l’occupazione israeliana, in particolare per la sua partnership con Electra Consumer Products, un’impresa israeliana che gestisce anche filiali in colonie illegali in Cisgiordania. Nel 2022, Carrefour ha aperto punti vendita in Israele, con filiali che includono colonie come Ariel e Ma’ale Adumim. Questi insediamenti sono al centro di un sistema di apartheid e repressione che impedisce la continuità territoriale dei palestinesi, sottraendo loro risorse naturali e contribuendo alla segregazione. La critica si è intensificata dopo che Carrefour ha anche lanciato una partnership con startup israeliane, attive nei settori della sicurezza informatica e dell’intelligenza artificiale, i cui sistemi sono stati utilizzati anche nei massacri di Gaza. L’azienda ha fornito razioni alimentari gratuite ai soldati delle Forze di difesa israeliane impegnati a mettere a ferro e fuoco la Striscia, aumentando ulteriormente il suo coinvolgimento nel conflitto. Questo ha scatenato manifestazioni contro Carrefour in numerose città del mondo, tra cui Milano, Nairobi e Lione, con atti di boicottaggio come il danneggiamento di vetrine e la distribuzione di volantini informativi.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.