Una «pausa tattica locale», ogni giorno dalle 10:00 alle 20:00 fino a nuovo avviso, durante la quale alcune aree della Striscia saranno risparmiate da bombardamenti e attacchi, accompagnata dalla ripresa dei lanci aerei di aiuti umanitari e dall’apertura di corridoi per l’ingresso via terra. Dopo giorni di pressioni internazionali, pur continuando a negare l’esistenza di una crisi umanitaria a Gaza, il governo Netanyahu è stato costretto a cedere, ponendo fine al blocco totale degli aiuti che durava da 80 giorni. Intanto, il governo di Gaza guidato da Hamas ha dichiarato che «la vita di 100.000 bambini sotto i due anni è a rischio a causa della mancanza di latte in polvere e integratori alimentari», mentre gli ultimi rapporti ONU [1] descrivono una situazione drammatica: un bambino palestinese su dieci è affetto da grave malnutrizione, e la diffusione acuta di malattie è aggravata dalla carenza di cibo, igiene e acqua potabile.
Dalla mattina di oggi, 27 luglio 2025, l’esercito israeliano (IDF) ha ripreso il lancio di aiuti umanitari sulla popolazione utilizzando gli stessi droni che fino a poche ore prima sganciavano bombe. L’IDF ha annunciato [2] il rilascio di «sette bancali di aiuti contenenti farina, zucchero e cibo in scatola» e il ripristino dell’elettricità – precedentemente interrotta da Israele – a un impianto di desalinizzazione che dovrebbe consentire di aumentare la produzione giornaliera a «20.000 metri cubi» di acqua potabile. Un’iniziativa contestata dalle Nazioni Unite, che l’hanno definita «inefficiente e costosa» e un tentativo di distrarre l’attenzione internazionale. Già questa mattina, tra l’altro i primi lanci di aiuti avrebbero ferito diversi civili palestinesi andando a colpire delle tende.
Parallelamente, è stato annunciato che dalle 6:00 alle 23:00 ora locale saranno attivati «in modo permanente percorsi sicuri per consentire il passaggio dei convogli delle Nazioni Unite e delle organizzazioni umanitarie incaricate di consegnare e distribuire cibo e medicine alla popolazione attraverso Gaza». Diversi Paesi, tra cui i confinanti Egitto e Giordania, hanno già annunciato la partenza immediata di convogli umanitari per portare aiuti alimentari alla popolazione di Gaza.

Nonostante l’esercito israeliano e il governo abbiano precisato che la pausa riguarderà solo alcune zone della Striscia e che le operazioni militari continueranno «per restituire tutti gli ostaggi e sconfiggere Hamas, sia sopra che sottoterra», la decisione ha suscitato proteste all’interno del governo di Tel Aviv. L’influente ministro della Sicurezza Itamar Ben-Gvir, leader del partito estremista sionista Otzma Yehudit, ha definito [4] il lancio di aiuti una pagina di «vergogna e disonore», rilanciando la richiesta di «blocco totale degli aiuti umanitari, occupazione completa della Striscia, incoraggiamento all’emigrazione e insediamento» — cioè la sostituzione etnica della popolazione palestinese con coloni ebrei.
Sul piano internazionale continuano i segnali ambigui da parte del governo statunitense, che dopo aver attribuito [5] a Hamas il fallimento dei colloqui per una tregua, oggi è tornato — per voce del segretario di Stato Marco Rubio — a dichiarare possibile «da un momento all’altro» il raggiungimento di un accordo. Intanto emergono nuovi dettagli sulle aspirazioni della Francia, dove ieri il presidente Macron ha annunciato il riconoscimento dello Stato di Palestina. Secondo il ministro degli Esteri Jean-Noel Barrot, citato da Al Jazeera, questa mossa si inserisce in un percorso che culminerà nel vertice ONU della prossima settimana. In quell’occasione, da un lato, molti Paesi arabi chiederanno ad Hamas di rinunciare alle armi; dall’altro, si tenterà di convincere gli Stati europei ancora indecisi a riconoscere la Palestina. L’obiettivo sarebbe quello di fermare Israele e, al tempo stesso, “sconfiggere” Hamas non con le bombe, ma attraverso il progressivo abbandono da parte dei suoi partner arabi. Tentativo che appare avere grosse possibilità di rivelarsi velleitario se non accompagnato da decise sanzioni e dalla cessazione dei rapporti di affari che gli stessi Paesi intrattengono con il governo sionista.
Intanto i combattimenti sulla Striscia proseguono e Hamas pare tutt’altro che sconfitta nonostante i massacri israeliani proseguano da oltre 20 mesi. Oggi l’esercito di Tel Aviv ha dovuto ammettere che due soldati, di 20 e 22 anni, sono stati uccisi [6] da un’esplosione mentre partecipavano all’invasione di Gaza.