Su Marte, in una delle aree geologicamente più antiche del pianeta, sono stati individuati oltre 15.000 chilometri di antichi letti di fiumi e centinaia di creste fluviali sinuose. Questo dato suggerirebbe che l’acqua sulla superficie del pianeta rosso fosse molto più diffusa e persistente di quanto si ritenesse. È quanto emerge dal lavoro dei ricercatori guidati da Adam Losekoot dell’Open University, i quali hanno presentato i loro risultati al congresso National Astronomy Meeting 2025 della Royal Astronomical Society. Gli scienziati hanno spiegato di aver effettuato dettagliate analisi di rilievi che un tempo erano il fondale di antichi fiumi, il tutto sfruttando tre strumenti a bordo delle sonde NASA. «Quello che abbiamo scoperto è che l’area era effettivamente ricca d’acqua, e questa era molto distribuita», ha spiegato Losekoot, aggiungendo che la distribuzione e la morfologia di questi antichi sistemi fluviali indica condizioni climatiche stabili e umide circa 3,7 miliardi di anni fa, durante la transizione tra le ere geologiche Noachiano ed Esperiano.
Per anni, la zona analizzata – chiamata Noachis Terra – è stata considerata arida, priva delle grandi reti di valli che in altre regioni hanno fornito prove convincenti della presenza d’acqua liquida nel passato marziano. Anche se i modelli climatici suggerivano che anche quest’area dovesse aver conosciuto intense precipitazioni, la mancanza di strutture fluviali visibili aveva lasciato aperta la questione. Per questo motivo, spiegano i ricercatori, il nuovo studio [1] ha scelto un approccio diverso: analizzare le cosiddette creste fluviali, ovvero rilievi oggi visibili in superficie ma che un tempo erano il fondale di antichi fiumi. Si tratta di strutture che si formano quando i sedimenti trasportati dall’acqua si induriscono, diventando più resistenti del terreno circostante che, nel corso del tempo, viene eroso dal vento o da altri processi. Per ricostruire l’estensione e la struttura di questi antichi corsi d’acqua, il team ha utilizzato i dati di tre strumenti a bordo delle sonde della NASA: la Context Camera (CTX), l’High Resolution Imaging Science Experiment (HiRISE) e il Mars Orbiter Laser Altimeter (MOLA). Queste hanno fornito immagini dettagliate e rilievi altimetrici su un’area più vasta dell’intera Australia.
Grazie a queste osservazioni, sono stati identificati oltre 15.000 chilometri di tracciati fluviali, alcuni dei quali si estendono per oltre 160 chilometri, mentre altri appaiono come segmenti isolati lunghi in media 3,5 chilometri e larghi un paio di centinaia di metri. Alcune creste, inoltre, raggiungono persino il chilometro e mezzo di larghezza e si innalzano di decine di metri rispetto al terreno circostante. In un caso, sono stati individuati due fiumi fossili che si incrociano all’interno di un cratere, dato che suggerirebbe che l’acqua vi si raccogliesse prima di tracimare da un lato. L’insieme di queste morfologie è stato poi interpretato come una rete idrografica ramificata e persistente, alimentata da piogge o nevicate regolari: «L’unica fonte d’acqua che avrebbe potuto sostenere questi fiumi su un’area così vasta sarebbe stata una qualche forma di precipitazione regionale», spiegano [2] gli autori, aggiungendo che ciò contrasta con l’idea predominante di un Marte freddo e secco, dove l’acqua liquida avrebbe avuto un ruolo solo sporadico e limitato nel tempo. Secondo i ricercatori, quindi, le nuove evidenze indicano che le condizioni umide nella regione siano durate a lungo, rendendo il pianeta, in quell’epoca remota, molto più simile alla Terra di quanto si pensasse. «Il nostro lavoro rappresenta una nuova prova che suggerisce che Marte un tempo era un pianeta molto più complesso e attivo di adesso, il che è davvero entusiasmante», concludono.