«Il centro storico è interdetto a qualsiasi genere di comizi e/o manifestazioni politiche, esposizioni al pubblico sia esterne sia interne di bacheche volantini e quant’altro sia idoneo a divulgare verso l’esterno attività politica». Così recita l’ordinanza firmata dalla sindaca di Specchia, Anna Laura Remigi che impedisce ogni tipo di manifestazione o semplice esternazione politica tra le vie del centro del comune salentino.
Se di per sé quest’ordinanza mette in allarme e fa discutere per le modalità repressive che impone sulla cittadinanza, sono le motivazioni a rendere questo provvedimento incredibile e ai limiti della distopia: nel centro di Specchia non si può manifestare per non disturbare i turisti.
Secondo quanto si può leggere dall’ordinanza, in vigore dal 29 giugno al 30 settembre, il comune di Specchia farebbe parte della lista stilata dall’associazione privata denominata «I borghi più belli d’Italia». In aggiunta, durante i mesi estivi il centro storico sarebbe impegnato nell’iniziativa culturale “Estate Specchiese 2025”. Definite quindi queste peculiarità del comune salentino, la sindaca sottolinea tra le motivazioni della misura la «consistente presenza di turisti interessati alle bellezze del Centro Storico e alle attività di puro svago»; tutte queste ragioni rendono quindi «necessario» interdire il centro cittadino da ogni tipo di espressione politica per «motivi di sicurezza» e per preservare «l’ordine pubblico e la pace sociale».
Nel corso della storia più volte sono state proibite manifestazioni per imporre un controllo sociale ed evitare la deflagrazione di movimenti “scomodi” pronti a destabilizzare il potere costituito; questo caso invece, unico nel suo genere, segna una novità assoluta e mette in evidenza il totale assoggettamento della popolazione verso l’economia turistica. Difatti con questa ordinanza non si vorrebbe, quantomeno ufficialmente, evitare attacchi al potere comunale, bensì «garantire ai turisti e cittadini tutti quella serenità di incontrarsi ed intrattenersi serenamente senza essere investiti da argomenti che nulla hanno di intrattenimento o svago».
Quest’ordinanza però, non si tratta di una novità assoluta nel comune di Specchia, difatti, già nell’estate del 2023, la sindaca Remigi interdì con la stessa misura [1] ogni attività politica dal centro con le medesime motivazioni.
Si assiste così alla frantumazione del contesto comunitario cittadino, con l’obiettivo di far spazio alla mera logica del profitto turistico, da difendere ad ogni costo. Mentre si osserva la diffusione a macchia d’olio di proteste contro la massificazione turistica in varie città spagnole e del Sud Europa, durante le quali si mettono in evidenza le criticità di un modello che aliena la sfera pubblica, rende inaccessibile il mercato immobiliare e inasprisce il conflitto interno alla cittadinanza, a Specchia la situazione viene capovolta. Nel comune salentino non solo si applicano politiche atte a intensificare l’afflusso turistico, ma si impone una misura preventiva onde evitare ogni tipo di attitudine che possa «arrecare danno all’attività di fruizione turistica e all’immagine del paese».
Come segnala [2] l’Osservatorio Repressione, questa misura si scontra apertamente con l’Articolo 21 della Costituzione, tanto da vietare manifestazioni e volantinaggio su tematiche come la pace e la difesa dei diritti umani. La sindaca annuncia «che su tutto il restante territorio comunale, su tutte le altre piazze e luoghi del comune si possono tenere comizi e fare manifestazioni politiche o fare volantinaggio od apporre bacheche», ma in questo caso la pezza è anche peggio del buco: specificando che questa “eccezione” garantisce «la libera espressione del pensiero e l’attività politica, spesso indirizzata ai residenti», quello che si può osservare è un maldestro tentativo di giustificare una ghettizzazione delle cause politiche e soprattutto un’ammissione di colpa. La garanzia della libertà d’espressione è presente, ma solo fuori dal centro cittadino.
Facendo un’analisi dell’ordinanza stessa, già dal primo punto è possibile intuire la giustificazione di tale attitudine politica. Per entrare a far parte della lista dei «Borghi più belli d’Italia», ogni paese deve vantare determinati requisiti [3] che ne attestino la «qualità urbanistica e architettonica», ma soprattutto deve comprovare l’impegno nell’accoglienza turistica, che deve fornire da servizi di alloggio, alla presenza di «artigiani d’arte», oltre che un’offerta culturale e festiva peculiare. In nessuna di queste caratteristiche si esplicita la necessità di investire in servizi destinati alla cittadinanza, alimentando così pratiche atte alla costruzione di un luogo «bello», ma spesso vuoto per chi lo abita. A questo si aggiunge l’ineluttabile processo di turistificazione del Salento, terra da un lato attanagliata da un grave processo di spopolamento [4], ma dall’altro preda della speculazione immobiliare e della gentrificazione finalizzata all’accoglienza turistica. Solo l’anno scorso la celebrazione del G7 nel resort di lusso di Borgo Egnazia, nel brindisino, fortemente voluta dalla premier Giorgia Meloni, mise in evidenza il processo che sta costruendo un’identità parallela del Salento, fatta di tradizione, eccellenza gastronomica e slow life, rin contrasto con il lavoro stagionale sottopagato, e quindi dall’incertezza e dall’arretratezza infrastrutturale.
La pace sociale diviene così parola d’ordine, con il fine di non rovinare il sogno di chi raggiunge il Salento per trovare un locus amoenus. Chi vive in Salento sa bene che l’estate è spesso l’unico momento in cui è possibile racimolare uno stipendio e mettere così da parte il pensiero di una precarietà che aleggia costantemente sulla testa di una terra martoriata dall’ingordigia di chi vuole trasformare il territorio in un parco a tema.
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» recita l’Articolo 21 della Costituzione. Evidentemente, per preservare la patina di un luogo alla visita dei turisti, si può sorvolare su un diritto costituzionale.