Il danno statunitense al programma nucleare iraniano è stato «severo», ma «non totale», e la Repubblica Islamica ha tutte le capacità per riprendere l’arricchimento. A dirlo non sono le autorità iraniane, ma quelle dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Secondo il direttore dell’AIEA, Rafael Mariano Grossi, l’Iran ha «chiaramente» le possibilità di proseguire il proprio programma nucleare. I danni alle strutture non sono infatti tali da impedire a Teheran la ripresa delle operazioni, e le centrifughe potrebbero tornare operative entro qualche mese. Non è, tuttavia, una questione di tempistiche: «Le conoscenze ci sono e la capacità industriale pure», ha detto il direttore. «Dobbiamo capire che, operazioni militari o meno, il problema non si risolverà militarmente». Per bombardare l’Iran, gli USA hanno manipolato il contenuto di un rapporto dello stesso Grossi, accusando Teheran di stare costruendo una bomba atomica. In quel rapporto, l’AIEA non parlava di armi nucleari, ma Grossi ha affermato che «molte persone» gli hanno chiesto di inserire nel documento riferimenti alle presunte aspirazioni iraniane.
Le dichiarazioni di Rafael Grossi sono state rilasciate alla emittente statunitense CBS [1], in occasione di un’intervista con la giornalista Margaret Brennan. Nel corso dell’intervista, Grossi, pur rimanendo sul vago quando parla dei danni alle strutture iraniane, è piuttosto chiaro nello stabilire che questi non sono stati «totali» come invece affermato da Trump: «Francamente, non si può dire che tutto sia scomparso e che non ci sia più niente». Secondo Grossi, gli Stati Uniti sarebbero riusciti a infliggere danni significativi al programma nucleare iraniano, ma i dubbi circa l’efficacia degli attacchi sono diversi.
In primo luogo, resta ancora da capire dove siano quei 400 chilogrammi di uranio arricchito di cui l’Iran era a disposizione prima dell’attacco. Come rimarca la stessa Brennan, «questi vengono stoccati in piccoli contenitori, relativamente facili da spostare» e Teheran potrebbe averli trasferiti prima dell’attacco, come del resto sembravano suggerire le immagini satellitari dello stabilimento di Fordo scattate nei giorni antecedenti al bombardamento statunitense. «Possiamo supporre, e credo sia logico presumere, che quando [le autorità iraniane] hanno annunciato che avrebbero adottato misure di protezione» del programma nucleare, lo spostamento dei barili di uranio «rientrasse tra queste misure», ha detto Grossi. Successivamente, sottolinea Grossi, va considerato che «l’Iran aveva un programma molto vasto e ambizioso», ma soprattutto aveva, e ha tutt’ora, una solida base industriale, tecnologie avanzate, e sviluppate conoscenze tecniche: «Non si può “disinventare” tutto questo». La soluzione, insomma, non può essere militare; e questo non per ragioni politiche, ma per questioni strutturali: «Non si possono distruggere le conoscenze o le capacità» di qualcuno. Nel corso dell’intervista, come in quelle precedenti [2], Grossi ha rimarcato che quando si tratta di nucleare, non è una questione di tempi, ma che, se dovesse avanzare stime, l’Iran potrebbe riprendere l’arricchimento entro una «manciata di mesi».
In quella che è stata definita “Guerra dei 12 giorni”, Trump e Netanyahu hanno manipolato il contenuto di un rapporto dello stesso Grossi, in cui il direttore sosteneva che l’Iran stava aumentando l’arricchimento dell’uranio, accusando il Paese di tramare in segreto per dotarsi di armi atomiche. Tale ipotesi è poi stata smentita dallo stesso Grossi, oltre che da varie agenzie di intelligence statunitensi. Nel corso di questa ultima intervista, il direttore dell’AIEA è stato piuttosto esplicito: «Davvero, chi può credere che questo conflitto sia avvenuto a causa di un rapporto dell’AIEA?», ha detto Grossi. «Per l’agenzia, l’Iran non aveva armi nucleari». Ciò su cui il rapporto sollevava dubbi, «erano altre cose poco chiare. Ad esempio, avevamo trovato tracce di uranio in alcuni luoghi dell’Iran, che non rientravano nelle normali strutture dichiarate». Nessun riferimento, insomma, a presunte aspirazioni iraniane; Grossi tuttavia ha affermato di essere stato oggetto di pressione perché venissero inserite nel rapporto: «molti, posso assicurarvelo, dicevano: “Nel vostro rapporto, dovete dire che hanno armi nucleari, o che sono molto vicini ad averle”», ha rivelato il direttore. «Noi però non lo abbiamo fatto perché non era ciò che vedevamo».