Le retate degli agenti dell’immigrazione statunitense continuano a colpire duramente la comunità di Los Angeles. Paramilitari mascherati, privi di codici identificativi, fermano auto e pedoni per catturare residenti e raggiungere così la quota delle fatidiche 3.000 detenzioni giornaliere imposta dall’amministrazione Trump a sostegno della politica delle deportazioni di massa. La città ha reagito, tuttavia l’indignazione degli abitanti è stata accolta dall’intervento congiunto della polizia, della Guardia Nazionale e dei Marines. Con il passare dei giorni, nella spirale repressiva sono entrate in campo anche le tecnologie di riconoscimento biometrico, le quali vengono utilizzate dalle autorità per individuare con maggiore precisione i propri bersagli, ma che vengono adottate anche dal basso per documentare e contrastare i numerosi abusi di potere. Un sistema di controllo che ora, grazie a un artista locale, anche i cittadini stanno iniziando a utilizzare per sorvegliare gli abusi di polizia e aggirare gli stratagemmi che molti agenti adoperano per oscurare il proprio codice identificativo.
Una email interna visionata da 404 Media [1] rivela che il personale dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE) ha cominciato a utilizzare un’applicazione per smartphone capace di confrontare i volti immortalati dagli agenti con due distinti archivi governativi. Il primo è il database dei servizi di verifica dei viaggiatori del Customs and Border Protection (CBP), il quale contiene i dati biometrici raccolti normalmente nei checkpoint statunitensi; il secondo è il Seizure and Apprehension Workflow del Dipartimento della Sicurezza Interna (DHS). Non è da escludere che, in un futuro, possano venire integrate anche le informazioni di BITMAP [2], un database contenente dettagli accumulati con le collaborazioni poliziesche transfrontaliere.
I documenti interni rivelano che il software – chiamato Mobile Fortify App – “offre agli utenti funzionalità di verifica dell’identità biometrica in tempo reale utilizzando impronte digitali contactless e immagini facciali acquisite tramite fotocamera […] senza la necessità di dispositivi di raccolta secondari”. L’app è stata sviluppata per identificare soggetti sconosciuti agli agenti ed è persino dotata di un “campo di addestramento non dal vivo”, utile per esercitarsi a scattare immagini in maniera rapida ed efficiente, così da essere più efficienti una volta che si viene schierati sul campo. L’app non è però la prima incursione dell’ICE nel mondo del riconoscimento facciale: in passato era emerso un contratto da oltre tre milioni di dollari con Clearview, controversa azienda tecnologica che estrae dati dai social media, la cui attività è considerata illegale [3] in Europa.
Strumenti di questo tipo, però, cominciano a diffondersi anche tra i cittadini, che li impiegano per contrastare gli eccessi delle forze dell’ordine. L’artista losangelino Kyle McDonald ha lanciato il portale FuckLAPD.com [4], un servizio online pensato per aiutare i cittadini a identificare quegli agenti della polizia di Los Angeles che, intenzionalmente, celano il proprio distintivo, rendendosi irriconoscibili per vie ufficiali. L’applicazione elabora i dati direttamente sul dispositivo dell’utente – senza caricamenti esterni – e li confronta con un archivio di oltre 9.000 fototessere di agenti ottenute da registri pubblici [5].
Già nel 2018, McDonald aveva ideato un sistema simile: ICESPY [6], dedicato all’identificazione del personale ICE. In quel caso, l’archivio fotografico era stato costruito attingendo a immagini e dati estratti da LinkedIn, il più noto social network dedicato al mondo del lavoro. Una scelta strategica, ma anche profondamente simbolica: LinkedIn è di proprietà di Microsoft, una delle aziende accusate di fornire supporto tecnologico a fini militari [7], e nota per reprimere i dipendenti [8] che osano criticare le collaborazioni con l’ICE e il sistema di deportazioni forzate che viene imposto ai migranti. A prescindere che questi siano negli USA legalmente o meno.