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L’invasione delle pubblicità su Whatsapp

Meta ha annunciato l’arrivo della pubblicità su WhatsApp. La novità, presentata come un modo per “aiutarti a trovare canali e prodotti che ti interessano”, riguarderà esclusivamente la schermata degli Aggiornamenti — l’equivalente delle “stories” dell’app — e promette di non impattare, né profilare, le conversazioni private tra utenti. Nonostante ciò, l’organizzazione no profit noyb ha già iniziato ad approfondire la questione, paventando un possibile intervento legale. Difficile credere che qualcuno sentisse la mancanza di pubblicità in un’app di messaggistica, ma Meta prosegue comunque sulla sua rotta: l’aggiornamento sarà implementato gradualmente nei prossimi mesi. Il comunicato stampa [1] diffuso dall’azienda non chiarisce il motivo di una scelta tanto impopolare, se non evocando un generico desiderio di aiutare le persone a scoprire nuove realtà commerciali.

Negli Stati Uniti, WhatsApp non è particolarmente diffuso — gli utenti favoriscono l’iMessage di Apple —, tuttavia su scala globale Meta rivendica che 1,5 miliardi di utenti consultano quotidianamente la sezione Aggiornamenti. Se i numeri dichiarati sono corretti, circa metà [2]degli utenti presenti sulla piattaforma visitano abitualmente questa sezione dell’app: un bacino di attenzione troppo ghiotto per un’infrastruttura digitale che si mantiene perlopiù con gli introiti ricavati dalle inserzioni.

Anche ammettendo che Meta dica la verità — cosa che, vista la sua [3]storia [4], non si può dare per scontata — l’introduzione degli spot non dovrebbe influire sulla gestione della privacy. Rischia però quasi certamente di aumentare quel senso di frustrazione tra gli utenti che si è già venuto ad accentuare alla fine di aprile, quando Meta ha introdotto senza possibilità di rifiuto l’assistente Meta AI direttamente nell’app.

Alcuni osservatori sono però preoccupati per le implicazioni concorrenziali della mossa. Secondo [5]noyb, l’introduzione delle pubblicità potrebbe violare il Digital Markets Act (DMA) europeo, contribuendo a rafforzare il potere dominante di Meta. L’organizzazione teme anche che venga applicato il contestato modello del “pay or ok”: o si accetta di essere profilati a fini pubblicitari, oppure si paga un abbonamento mensile per accedere a funzionalità o contenuti.

noyb, organizzazione austriaca guidata dall’avvocato e attivista Max Schrems, non è nuova a scontri con Meta. Dal 2018 — a poche ore dall’entrata in vigore del GDPR — la no profit ha avviato una lunga serie di azioni legali contro la Big Tech, diventandone uno dei principali incubi sul fronte privacy. Ora l’organizzazione attende di vedere come Meta implementerà concretamente le pubblicità su WhatsApp: se lo farà in modo trasparente e rispettoso delle normative, o se, ancora una volta, sarà necessario intervenire per via legale.

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Walter Ferri

Giornalista milanese, per L’Indipendente si occupa della stesura di articoli di analisi nel campo della tecnologia, dei diritti informatici, della privacy e dei nuovi media, indagando le implicazioni sociali ed etiche delle nuove tecnologie. È coautore e curatore del libro Sopravvivere nell'era dell'Intelligenza Artificiale.