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Israele ora lo dice chiaramente: l’obiettivo è rovesciare il regime iraniano

A meno di una settimana dall’attacco unilaterale lanciato da Israele contro l’Iran, lo Stato ebraico inizia a svelare le carte: uno degli obiettivi è il rovesciamento della leadership della Repubblica Islamica. In un’intervista rilasciata ad ABC News [1], il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che Israele non esclude l’eventualità di colpire la casa della Guida Suprema iraniana Khamenei, circostanza che – a suo avviso – «non causerebbe un’escalation del conflitto», ma «vi porrebbe fine». Nel frattempo, gli attacchi reciproci non si fermano: nella notte, Israele ha colpito tre località nel nordest di Teheran e l’Iran ha preso di mira il centro e il nord di Israele; stamattina la Repubblica Islamica ha continuato gli attacchi, colpendo Tel Aviv, Haifa e altre località nella Cisgiordania occupata. Dall’altra parte del mondo, il presidente Trump ha lasciato il vertice del G7 in Canada con un giorno di anticipo, per dedicarsi alla situazione nella regione; poco dopo ha pubblicato un post sul proprio social Truth in cui esorta i cittadini a lasciare Teheran.

L’intervista di Netanyahu è stata rilasciata ieri, lunedì 16 giugno, mentre era in corso il quarto giorno consecutivo di bombardamenti reciproci tra Israele e Iran. Alla domanda se Israele avrebbe preso di mira Khamenei, Netanyahu ha risposto che lo Stato ebraico starebbe «facendo ciò che deve fare». «Non entrerò nei dettagli», ha detto Netanyahu, «ma abbiamo preso di mira i loro migliori scienziati nucleari. È praticamente la squadra nucleare di Hitler». Le parole di Netanyahu sono in linea con quanto affermato nei giorni che hanno seguito l’aggressione israeliana sull’Iran lanciata nella notte tra il 12 e il 13 giugno. Sin dal lancio dell’operazione “Leone Nascente” (“Rising Lion”), Netanyahu [2] si è infatti rivolto ai cittadini iraniani sostenendo che gli obiettivi di Israele e del popolo iraniano viaggerebbero in parallelo: «Questa», ha detto Netanyahu subito dopo l’attacco, «è la vostra opportunità per far sentire la vostra voce». Le parole utilizzate dai vertici israeliani per giustificare le proprie aggressioni sono sempre le stesse: l’Iran, come prima il Libano e ancor prima la Palestina, costituirebbe una minaccia esistenziale nei confronti di Israele, nel caso di Teheran avallata dalla presunta volontà di dotarsi di un armamento nucleare; la guerra dello Stato ebraico, «non è contro i cittadini iraniani», ma «contro il regime» di Teheran.

Mentre Netanyahu compariva di fronte ai microfoni statunitensi per rendere più chiare le proprie intenzioni, i bombardamenti aerei non si sono fermati. Ieri, Israele ha bombardato l’emittente di Stato Islamic Republic of Iran Broadcasting. Nell’attacco sono stati registrati alcuni feriti, ma le trasmissioni sono riprese poco dopo. Nella notte, inoltre l’esercito israeliano [3] ha attaccato Teheran, dove avrebbe ucciso il Capo di Stato Maggiore delle Forze armate iraniane, Ali Shadmani. Mentre Israele colpiva la capitale iraniana, la Repubblica Islamica ha risposto attaccando diverse aree del Paese, tra cui Haifa; proprio ad Haifa, Israele ha vietato la copertura mediatica dell’area ai giornalisti stranieri. Questa mattina, invece, a partire dalle 7, l’Iran ha colpito diverse aree del Paese, tra cui la capitale; alcuni dei missili lanciati avrebbero superato le difese di Tel Aviv, e avrebbero distrutto un edificio di otto piani, un magazzino, e un deposito di autobus.

Sullo sfondo delle dichiarazioni di Netanyahu e dei continui bombardamenti, Trump ha lasciato [4] la riunione del G7 in corso a Kananaskis, in Canada, per «ciò che sta succedendo in Medio Oriente». La partenza prematura del presidente statunitense è stata accolta positivamente dall’omologo francese Macron, che ha parlato dell’importanza di un cessate il fuoco nella regione. Questa mattina, tuttavia, Trump ha smentito [5] Macron, sostenendo di non stare tornando alla Casa Bianca per lavorare a una eventuale tregua tra Israele e Iran: «[Macron] non ha idea del perché io sia ora in viaggio per Washington, ma di certo non ha nulla a che fare con un cessate il fuoco. È molto più importante. Che lo voglia o no, Emmanuel sbaglia sempre. Restate sintonizzati!». Non è ancora chiaro quali siano le intenzioni degli Stati Uniti, ma ieri Trump ha ribadito [6] che «l’Iran non può dotarsi di un’arma nucleare» invitando «tutti» a «evacuare immediatamente Teheran».

Quello del possibile armamento nucleare iraniano è sempre stato l’argomento centrale su cui poggiano gli attacchi israeliani, tanto diplomatici quanto militari, nei confronti dell’Iran. Teheran, tuttavia, ha sempre negato sia di essere in possesso di armi nucleari, sia di volerle costruire. A gennaio, in occasione della conferenza di sicurezza Cipher Brief, il direttore della CIA William Burns ha affermato che malgrado l’Iran stia aumentando la propria produzione di uranio arricchito, non starebbe producendo alcuna arma nucleare, ipotesi che ha poi ribadito all’emittente statunitense NPR [7]. A marzo, la direttrice dell’intelligence statunitense Tulsi Gabbard [8] ha sottoscritto quanto detto da Burns in occasione di una seduta davanti al Senato. L’Iran, inoltre, è uno dei Paesi firmatari del trattato di non proliferazione nucleare, carta che, di contro, Israele non ha mai ratificato. È a tal proposito noto che lo Stato ebraico sia dotato di armi nucleari sebbene il governo israeliano non abbia mai confermato ufficialmente di possedere un arsenale nucleare.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.