EGITTO – Il ritrovo era oggi al Cairo per i partecipanti alla Global March to Gaza [1], il movimento dal basso che ha radunato cittadini di oltre 54 Paesi per rompere l’assedio israeliano a Gaza e pretendere l’ingresso degli aiuti umanitari bloccati ormai da mesi fuori il valico di Rafah. L’Egitto, che solo ieri ha parzialmente risposto alle richieste di permesso delle delegazioni internazionali, ripetendo che i partecipanti necessitano autorizzazioni, si è schierato: tra ieri e oggi, almeno 170 attivisti sbarcati al Cairo (tra i quali anche numerosi italiani) sono stati fermati in aeroporto, interrogati, e molti di loro rimpatriati.
«E’ stata una notte difficile» ha dichiarato [2] la portavoce italiana Antonietta Chiodo, parlando dei rimpatri dei partecipanti internazionali alla marcia, a cui sono stati sequestrati documenti e i telefoni e che sono stati lasciati per ore seduti in terra in uno stanzino, per poi essere rimandati nei loro Paesi con voli diretti. Numerosi sarebbero anche gli italiani bloccati dalle autorità: due di loro, in particolare (i torinesi Vittoria Antonioli Arduini e Andrea Usala) si troverebbero in condizioni di fermo senza che sia stato loro comunicato il motivo. Nel frattempo, alcuni cittadini turchi sarebbero stati prelevati [3]dagli hotel al Cairo e deportati per aver esposto una bandiera palestinese. «Chiediamo che venga presa una responsabilità collettiva in merito a quello che sta accadendo, perché è inaccettabile ed è una totale violazione del diritto internazionale» dichiara Chiodo.
L’obiettivo della mobilitazione internazionale è agire pacificamente per sostenere il popolo palestinese, dato che i governi occidentali hanno scelto di non rompere i legami con Israele e si sono resi complici del genocidio in corso. In questo contesto, la Farnesina ha fatto sapere in un comunicato [4] che non potrà garantire ai nostri concittadini nessuna assistenza consolare in ragione della situazione geo-politica egiziana.
La carovana diretta a Rafah dovrebbe partire il prossimo 14 giugno dal Cairo per arrivare ad Al-Arish. Il 15, invece, si partirà a piedi per raggiungere il valico. Ai 3-5000 attivisti provenienti da mezzo mondo che arriveranno in queste ore in aereo si dovrebbero aggiungere altre migliaia di solidali in viaggio via terra dal Nord Africa. Una carovana [5]di macchine e pullman con almeno 1000 persone è partita dalla Tunisia lunedì ed è arrivata in Libia, ma sta aspettando i permessi necessari per attraversare il nord del Paese ed entrare in Egitto. Sembra invece che invece siano già decine – almeno 50 [3] – le persone partite dall’Algeria e dal Marocco in areo che sono state deportate [6] in queste ore. Ma sono migliaia le persone da tutto il Nordafrica in marcia per raggiungere Rafah.
«Sono due mesi che abbiamo chiesto i permessi formali al ministro degli Affari Esteri e alle autorità locali e ci siamo coordinati con le ambasciate egiziane in più di 15 Paesi» dichiarano con un comunicato [7] i referenti della Global March to Gaza. «Il nostro intento è sempre stato chiaro: camminare pacificamente in supporto dell’accesso umanitario a Gaza, nel rispetto della sovranità egiziana». E continuano: «esortiamo le autorità egiziane a rilasciare le persone detenute e a permettere l’ingresso dei partecipanti della marcia.»
«L’Egitto ha ripetutamente espresso preoccupazione per la crisi umanitaria a Gaza e le sue insostenibili condizioni al valico di Rafah. Supportando questo globale, pacifico movimento mondiale rinforzerebbe la posizione dell’Egitto come attore chiave nel promuovere l’accesso agli aiuti umanitari».
L’Egitto è da molti anni uno degli stati che da un lato dichiara di essere al fianco del popolo palestinese, ma dall’altro ha strettissimi legami con Israele e tutti gli interessi di tenere buoni rapporti con il “vicino” sionista. Una marcia -anche se molto più ridotta e meno internazionale- con gli stessi obbiettivi di quella che dovrebbe tenersi nei prossimi giorni era stata bloccata e duramente repressa già un anno fa. Decine gli attivisti arrestati e deportati. E per i cittadini egiziani, la repressione è stata molto più dura.
Antonietta Chiodo sottolinea [2] come probabilmente le azioni della autorità egiziane siano un imposizione di Israele. «Ricordiamo le dichiarazioni di ieri del ministro Katz che ha dichiarato che non ci saranno linee rosse e che utilizzeranno qualsiasi arma possibile. Io chiedo a tutti, alla collettività, di prendere una posizione in merito perché ci sarà un massacro al confine, un massacro di arabi. Stanno portando via gli occidentali per non creare degli incidenti diplomatici con gli stati che li sostengono, ma noi stiamo dalla parte del popolo palestinese. Molte persone anche sapendo quello che sta succedendo hanno deciso di partire ugualmente. Prendetevi la vostra responsabilità»