La Direzione Investigativa Antimafia ha segnalato, nella sua ultima relazione al Parlamento, il rischio concreto di infiltrazioni mafiose nei cantieri delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Uno dei 50 provvedimenti antimafia emessi nel 2024 in Lombardia ha infatti colpito una società edile milanese coinvolta nella costruzione di un parcheggio interrato a Sondrio, opera inserita nel piano olimpico. Gli amministratori dell’azienda risultano legati a cosche della ‘Ndrangheta. La DIA sottolinea come la criminalità organizzata, in particolare quella calabrese, stia cercando di sfruttare i grandi eventi per penetrare nell’economia legale e negli appalti pubblici. È solo l’ultimo degli indicatori che, nel corso degli anni, hanno certificato il forte interesse mafioso per le opere legate alla manifestazione Olimpica, la cui organizzazione è stata segnata da scandali e grandi proteste popolari.
Nella relazione [1] della DIA, che si concentra sui 12 mesi del 2024, si legge che «le Olimpiadi invernali rappresentano un appuntamento rilevante anche sotto il profilo economico-finanziario, in considerazione della realizzazione di importanti opere infrastrutturali che potrebbero rappresentare un’occasione per le consorterie criminali interessate ad inserirsi nelle procedure di assegnazione delle gare». Infatti, nel periodo di riferimento «sono stati adottati 50 provvedimenti interdittivi antimafia da parte delle Prefetture lombarde che hanno dato testimonianza circa il pericolo di infiltrazione e/o di condizionamento» in numerosi settori. «Uno dei provvedimenti adottati, in particolare, è stato emesso nei confronti di una società operante nel settore edile con sede nella provincia di Milano impegnata nella realizzazione di un parcheggio interrato nella provincia di Sondrio per un valore di circa 800 mila euro, inserita nel piano delle opere per le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 – spiega la DIA –. Nello specifico, gli amministratori della ditta sono risultati in rapporti personali e professionali con esponenti di alcune consorterie ‘ndranghetiste delle province di Catanzaro, Crotone e Reggio Calabria». Un ulteriore provvedimento è stato emesso «nei confronti di un’altra società edile milanese affidataria di un subappalto nell’ambito del PNRR del valore di 200 mila euro, i cui amministratori sono stati ritenuti ‘vicini’ alla cosca ARENA di Isola di Capo Rizzuto (KR)».
Un forte allarme era già scattato lo scorso febbraio, quando la Prefettura di Verona aveva emesso un’interdittiva antimafia nei confronti di due aziende del settore delle costruzioni che puntavano a partecipare agli appalti per le Olimpiadi invernali. Secondo quanto ricostruito dagli uffici della Prefettura scaligera, le due società – con sede legale a Verona e Legnago – avrebbero infatti avuto connessioni con personaggi organicamente attivi in un network ‘ndranghetista che da tempo operava nel territorio veronese. Nel 2022, inoltre, era stato arrestato a Milano Pietro Paolo Portolesi, presunto affiliato alla ’Ndrangheta, con l’accusa di trasferimento fraudolento di beni e valori. Secondo la Procura, gestiva società tramite prestanome per eludere le norme che, a causa di precedenti inchieste, gli impedivano di partecipare a gare pubbliche. Una delle sue società aveva partecipato alla gara per lo smaltimento delle macerie nel cantiere del villaggio olimpico di Porta Romana, a Milano.
Nel frattempo, l’organizzazione delle Olimpiadi di Milano‑Cortina 2026, promessa come «green» e «a costo zero», si è rivelata [2] un coacervo di scandali e mala gestione. Lo scorso aprile la Procura di Milano ha chiesto di archiviare l’inchiesta sulla Fondazione organizzatrice, in cui si ipotizzano reati di corruzione e turbativa d’asta, ma hanno sollevato la questione di costituzionalità sul decreto del governo che, trasformandola in ente privato, avrebbe ostacolato intercettazioni e sequestri preventivi di un presunto profitto di reato di circa 4 milioni. A Cortina, invece, nonostante le illazioni del ministro Salvini sul presunto «sabotaggio» della pista da bob, la magistratura ha archiviato l’inchiesta, inquadrandolo come un semplice incidente. A marzo, i cittadini di San Vito di Cadore avevano vinto la causa per il loro diritto di protesta contro una variante stradale, mentre il Veneto ha approvato la cabinovia Socrepes, su cui pendono ombre di criticità geologiche. In un contesto già segnato da deficit patrimoniali accumulati dalla Fondazione (oltre 107 milioni), in un assordante silenzio mediatico la stima dei costi è lievitata di ulteriori 180‑270 milioni.