Dopo tre anni di conflitto, le posizioni di Russia e Ucraina continuano a essere distanti. Il memorandum presentato da Mosca durante il secondo round di negoziati con Kiev si articola in una serie di clausole e ingerenze volte al raggiungimento di una pace duratura e di un cessate il fuoco. Per la prima intesa, come rivelato [1] dall’agenzia di stampa russa TASS, il Cremlino chiede innanzitutto il riconoscimento internazionale delle conquiste in terra ucraina nonché dei territori ancora teatro di combattimenti. Tra le altre condizioni si annoverano la neutralità di Kiev, la sua smobilitazione militare e lo svolgimento di nuove elezioni, senza che a queste corrisponda alcuna concessione da parte russa. Alla tregua di almeno 30 giorni chiesta dalla delegazione ucraina, la Russia ha risposto subordinandola al ritiro delle truppe di Kiev dal fronte. L’unico punto che ha messo d’accordo le delegazioni riunite a Istanbul è stato un nuovo accordo sul rilascio reciproco dei prigionieri gravemente feriti, malati o comunque di età inferiore ai 25 anni.
La Russia di Vladimir Putin ha messo nero su bianco le proprie condizioni per la fine del conflitto in Ucraina, facendo ordine tra le richieste avanzate negli ultimi tre anni. La bozza dell’intesa è contenuta nel memorandum presentato in Turchia, che si rivolge principalmente alle autorità ucraine ma lancia in apertura un messaggio alla comunità internazionale, chiedendo il riconoscimento della Crimea, del Donbass, di Zaporozhya e Kherson come territori russi. Si tratta dunque non solo di congelare la linea del fronte ma di allargarla a favore di Mosca. Il ritiro da queste regioni viene poi considerato dal Cremlino come una condizione necessaria per il raggiungimento di una tregua di almeno 30 giorni – evento a cui le autorità ucraine aspirano invece in modo incondizionato, tant’è che il presidente Volodymyr Zelensky ha chiesto all’omologo americano Donald Trump di adottare «sanzioni nei confronti della Russia per spingerla a porre fine alla guerra, o almeno a passare alla prima fase, ovvero il cessate il fuoco».
Nel memorandum rilanciato dalla TASS appare anche una seconda opzione per il raggiungimento di una tregua, che passa per dieci punti-clausole alla sovranità ucraina, tra cui la fine delle forniture di armi occidentali e dei dati di intelligence, la cancellazione della legge marziale e la smobilitazione dell’esercito. Quest’ultima ingerenza risulta centrale anche nella bozza dell’accordo di pace, che implica tra l’altro la neutralità dell’Ucraina, impossibilitata ad unirsi ad alleanze e coalizioni militari (leggasi NATO) e ad ospitare sul proprio territorio attività militari straniere, dal dispiegamento di forze al mantenimento di basi e infrastrutture. In poche parole, l’Ucraina dovrebbe ridimensionare la propria portata militare, tanto sul piano dei rapporti con l’esterno quanto sul piano interno delle forze armate. La neutralità di Kiev e il riconoscimento dei territori occupati durante il conflitto sono punti ricorrenti della posizione di Mosca che — forte del parziale disimpegno statunitense, della tenuta [2] alle sanzioni occidentali (nonostante la retorica dei suoi governi) e della capacità di proseguire la guerra — li ha rilanciati ieri sul tavolo delle trattative. Tra le altre condizioni avanzate dal Cremlino figurano: la concessione al russo dello status di lingua ufficiale, la rimozione delle restrizioni imposte [3] dal governo di Kiev sulla Chiesa ortodossa ucraina, la revoca di tutte le sanzioni e il graduale ripristino delle relazioni diplomatiche ed economiche, compreso il transito del gas.
Il memorandum russo si concentra anche sul momento dell’approvazione del trattato, da subordinare allo svolgimento di elezioni in Ucraina, dalle quali le nuove autorità avranno mandato di firmare l’accordo che nel disegno del Cremlino andrebbe approvato da una risoluzione giuridicamente vincolante del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. In tutto l’impianto di clausole presentato da Mosca non figurano concessioni o compromessi con la controparte, mettendo in salita il corso delle trattative che alla fine di giugno dovrebbero arricchirsi di un terzo round negoziale, probabilmente con la controproposta della delegazione ucraina. In caso di progressi significativi, potrebbe prendere quota l’incontro a tre fra Putin, Zelensky e Trump – ad oggi all’orizzonte.