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La riforma senza precedenti del Messico: 2.600 giudici saranno eletti dal popolo

Questa domenica i cittadini messicani si sono recati alle urne per eleggere circa 2.600 giudici e magistrati federali e statali. Il voto è una conseguenza della Riforma Giudiziaria voluta dall’ex presidente López Obrador e approvata ad appena tre settimane dalla fine del suo mandato, nel settembre 2024. Le elezioni si svolgeranno in due fasi: durante la prima, svoltasi nella giornata di domenica 1 giugno, è stata scelta la prima metà dei candidati, mentre la seconda metà verrà eletta con una seconda tornata elettorale, prevista per il 2027. Nonostante il governo l’abbia presentata come un’operazione democratica volta a favorire la partecipazione popolare, molte sono le critiche rivolte alla Riforma, in primis quella che denuncia la fine dell’indipendenza degli organi giudiziari.

L’intenzione (dichiarata) della Riforma di Obrador è quella di coinvolgere la popolazione nell’elezione dei rappresentanti del potere giudiziario: i magistrati e i giudici, compresi quelli della Corte Suprema, verranno ora selezionati [1] con elezioni popolari. Dopo che il Senato ha pubblicato la convocatoria, i Poteri dell’Unione (legislativo, esecutivo e giudiziario) scelgono i candidati e li sottopongono all’esame del Comitato di Valutazione, che selezionerà i migliori – sulla base di criteri quali «onestà, buona reputazione e competenza». Le liste di candidati selezionati vengono quindi inviate all’Istituto Nazionale Elettorale, che organizza il processo elettorale. I candidati non possono ricevere finanziamenti pubblici o privati, ma possono rilasciare interviste sui mezzi di informazione.

Una delle principali problematiche evidenziate dai critici della Riforma riguarda il fatto che, se un partito detiene la maggioranza in uno o più tra i poteri dello Stato, allora questo potrà scegliere la maggior parte dei candidati alle elezioni, assicurandosi un potere non indifferente in quanto il potere giudiziario potrebbe essere politicamente allineato con la classe politica al governo. Ed è proprio questo il caso di Morena, il partito di Obrador del quale fa parte anche la presidente Sheinbaum (potere esecutivo) e che detiene la maggioranza alla Camera e al Senato (potere legislativo). Non stupisce che Obrador abbia fortemente voluto questa riforma: durante gli anni del suo mandato, infatti, la Corte Suprema ha bocciato [2] molte delle leggi che erano state approvate da Morena e dal Congresso – portando Obrador a dichiarare che, all’interno della Corte, vi fossero «nemici ideologici» del governo. Con la Riforma messa in atto, i giudici in carica sono stati cacciati e rimpiazzati con altri.

Tra le altre novità, la riforma allunga il periodo in cui magistrati e giudici potranno rimanere in carica, estendendolo da 6 a 9 anni e concedendo la possibilità di essere rieletti. Viene inoltre creato un nuovo organo, il Tribunale di Disciplina Giudiziaria, composto da cinque persone elette con voto popolare, che andrà a sostituire il Consiglio della Magistratura federale. Il nuovo Tribunale «sarà incaricato di supervisionare e punire la condotta dei giudici e dei magistrati». Si può facilmente dedurre che, a seconda di quale sarà il gruppo politico prevalente al suo interno, questo potrà esercitare una notevole pressione sul potere giudiziario.

La presidente Claudia Sheinbaum ha definito [3] le elezioni svoltesi ieri un «successo totale», con «circa 13 milioni di messicani» che si sono recati alle urne. In realtà, considerato che il totale degli aventi diritto al voto si aggira intorno ai 100 milioni, l’affluenza non ha superato il 12-13%, non esattamente un buon risultato. «Non dobbiamo dimenticare – ha continuato Sheinbaum nel suo messaggio alla Nazione – che l’attuale potere giudiziario detenuto da alcuni è stato responsabile di favorire membri della delinquenza organizzata» ed è giunto a ricoprire la propria carica «per nepotismo». Ora, invece, «abbiamo optato per la migliore alternativa: che a scegliere sia il popolo».

Alcuni dei candidati selezionati per concorrere nel ruolo di giudici hanno inoltre suscitato perplessità non tanto per la loro appartenenza politica, ma per il fatto di essere dei pregiudicati con alle spalle pesanti condanne: è il caso, per esempio, di Leopoldo Chavez, che ha scontato 6 anni per traffico di droga. Chavez ha concorso per diventare giudice nello Stato di Durango, uno dei tre che formano il “Triangolo d’Oro” messicano, dove i cartelli sono molto attivi.

I risultati delle elezioni dovranno essere resi pubblici entro il 28 di agosto 2025. Dopo di che, si procederà a un secondo round di elezioni, previste per il 2027, per eleggere l’altra metà dei giudici e dei magistrati federali. Nel frattempo, la popolazione civile è scesa a più riprese in piazza sin da quanto Obrador ha annunciato l’intenzione di realizzare la Riforma. Le proteste sono continuate per tutta la giornata di ieri in molti Stati del Paese. I manifestanti hanno protestato contro quella che hanno definito «la fine della divisione dei poteri» nel Paese e la «finzione democratica» dell’elezione del popolo, che vorrebbe mascherare la sottomissione del potere giudiziario a quello legislativo ed esecutivo. E la bassissima affluenza registrata alle elezioni è un dato certo dello scontento della popolazione.

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Valeria Casolaro

Ha studiato giornalismo a Torino e Madrid. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, frequenta la magistrale in Antropologia. Prima di iniziare l’attività di giornalista ha lavorato nel campo delle migrazioni e della violenza di genere. Si occupa di diritti, migrazioni e movimenti sociali.