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Gli Apache vincono la prima battaglia in difesa delle proprie terre sacre

Gli Apache di San Carlos, Arizona, hanno vinto la loro prima battaglia legale in difesa delle loro terre ancestrali che rischiano di essere trasformate in una enorme miniera di rame. Un tribunale federale ha infatti emesso un ordine che ferma i piani del governo degli Stati Uniti di concedere lo sfruttamento di Oak Flat, sito sacro per gli Apache, alla compagnia Resolution Copper, una join venture tra i due colossi minerari Rio Tinto e BHP Group. La battaglia legale, che va avanti dal 2014, si sposterà adesso davanti alla Corte Suprema, la quale avrà l’ultima parola sul caso. Nel frattempo, la lotta delle comunità Apache non si ferma e chiede al governo di abbandonare l’idea di trasformare le loro terre sacre in un cratere estrattivo.

Il giudice Steven P. Logan ha deciso [1] di fermare il trasferimento della terra alle multinazionali affinché venga condotta una attenta analisi del caso da parte della Corte Suprema. «Il governo federale e Resolution Copper hanno messo Oak Flat nel braccio della morte: stanno correndo per distruggere la nostra linfa vitale e spirituale, cancellando le nostre tradizioni religiose per sempre. Siamo grati che il giudice abbia fermato questo assalto alla terra, in modo che la Corte Suprema abbia il tempo di proteggere Oak Flat dalla distruzione», ha detto [2] Wendsler Nosie dell’organizzazione Apache Stronghold. Per innumerevoli generazioni gli Apache dell’odierna Arizona si sono riuniti a Oak Flat, conosciuta in lingua Apache come Chi’chil Biłdagoteel, per condurre cerimonie sacre.

Il sito si trova nella contea di Pinal a circa 60 chilometri a est di Phoenix, nella Tonto National Forest. La terra è sacra per i nativi americani della riserva indiana Apache di San Carlos, così come per molte altre tribù dell’Arizona. Nel dicembre 2014 un disegno di legge [3] promosso dal senatore repubblicano John McCain aveva inserito lo sfruttamento minerario della zona nell’ordine della Difesa nazionale, come molto spesso avviene quando negli Stati Uniti si intendono aggirare accordi e trattati che il governo federale ha concluso nel corso degli anni con le tribù native, le quali hanno giurisdizione su determinate aree. L’amministrazione Obama, per cercare di rimediare, nel 2016, aveva inserito Oak Flat nell’elencato nel Registro Nazionale dei Luoghi Storici, ponendo quindi il sito sotto il controllo federale del Servizio Forestale.

Apache Stronghold, una coalizione di comunità Apache, ha intentato causa nel gennaio 2021 per fermare la proposta estrazione mineraria di rame a Oak Flat. Il progetto ha nel tempo affrontato una diffusa opposizione da parte delle 21 (su 22) nazioni tribali riconosciute a livello federale in presenti in Arizona, così come da parte del Congresso nazionale degli indiani d’America e un’ampia coalizione di gruppi religiosi, organizzazioni per i diritti civili e studiosi di diritto. Nonostante ciò, lo scorso anno, la Corte d’Appello del Nono Circuito aveva stabilito che il trasferimento dei terreni non violasse le protezioni federali della libertà religiosa. Così, Apache Stronghold ha presentato una mozione d’urgenza che è poi sfociata nella decisione odierna da parte della Corte federale di fermare ogni trasferimento in attesa della sentenza finale da parte della Corte Suprema. Per le comunità indigene dell’Arizona questa è senz’altro una prima e importante vittoria nella disputa legale. Gli Apache hanno dunque vinto una battaglia. La guerra deve però ancora terminare.

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Michele Manfrin

Laureato in Relazioni Internazionali e Sociologia, ha conseguito a Firenze il master Futuro Vegetale: piante, innovazione sociale e progetto. Consigliere e docente della ONG Wambli Gleska, che rappresenta ufficialmente in Italia e in Europa le tribù native americane Lakota Sicangu e Oglala.