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Congo: un’indagine conferma gli abusi sulle popolazioni avvenuti anche coi fondi UE

African Parks, alla fine, lo ha ammesso [1]: i propri guardiaparchi si sono resi responsabili di abusi e violazioni dei diritti umani contro la popolazione Baka, nativa del Congo. La ONG, nel cui consiglio di amministrazione siede il principe Harry, gestisce 22 parchi nazionali in Africa e negli anni ha ricevuto fondi anche dall’Unione Europea, oltre che dagli Stati Uniti. Dal 2013 è stata al centro di una campagna di denuncia da parte dell’organizzazione per i diritti dei gruppi indigeni Survival International, mentre nel 2023 un’inchiesta giornalistica ha messo in luce le atrocità inflitte alla popolazione locale – tra le quali stupri, torture e minacce di aggressioni.

L’inchiesta è stata portata a termine dallo studio legale Omnia Strategy, ingaggiato dalla stessa Africa Parks per andare a fondo sulle accuse mosse contro il proprio personale. Lo studio ha diffuso una nota nella quale dettaglia brevemente le modalità di indagine, ma, secondo quanto denunciato [2] da Survival International, «African Parks si è rifiutata di rendere pubblico il rapporto di Omnia, né ha permesso a Omnia di farlo». Negli anni, le pressioni da parte di Survival hanno spinto Africa Parks ad ammettere problemi di corruzione, bracconaggio e violenza tra le proprie guardie dei parchi, ma ha sempre dichiarato di non avere in mano prove concrete per perseguire i colpevoli. Nel 2016, un rapporto di Survival ha accusato [3] sia Africa Parks che il WWF di aver taciuto sulle violazioni dei diritti umani portate a termine nel bacino del Congo. Le violenze contro la popolazione Baka sono state tali da essere definite «etnocidio» dallo studioso Sorel Eta.

Nel 2023, un’inchiesta giornalistica ha fornito ulteriori prove dei fatti: donne stuprate, persone picchiate fino alla morte, torture fisiche e psicologiche, oltre che a minacce rivolte anche al personale medico degli ospedali per convincerli a non denunciare le violenze. Secondo quanto denunciato dai Baka, i progetti di conservazione di Africa Parks, che in teoria avrebbero dovuto essere volti alla conservazione del loro popolo alleviandone la povertà, hanno solamente contribuito alla loro rimozione dalle terre delle quali sarebbero legittimi proprietari. Le guardie dei parchi avrebbero continuato a perseverare con comportamenti violenti fino a convinvere la popolazione a smettere di fare ritorno in quei luoghi.

Dopo anni, finalmente, l’indagine dello studio Omnia ha costretto Africa Parks ad ammettere che «in alcuni casi, si sono verificate violazioni dei diritti umani e si rammarica profondamente per il dolore e la sofferenza che queste hanno causato alle vittime. Il processo di Omnia ha inoltre evidenziato diverse carenze nei nostri sistemi e processi, insufficienti per il livello di responsabilità che ci era stato affidato, in particolare nei primi anni di gestione di Odzala».

«La radice del problema, che l’indagine non ha affrontato, è che African Parks continua ad applicare un modello di conservazione razzista e coloniale che espelle i popoli indigeni dalla loro terra, mentre degli esterni ne prendono il controllo – ha dichiarato Caroline Pearce, direttrice generale di Survival – Finché questo meccanismo non cesserà, i Baka continueranno a subire abusi e a vedersi distruggere i mezzi di sussistenza».

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Valeria Casolaro

Ha studiato giornalismo a Torino e Madrid. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, frequenta la magistrale in Antropologia. Prima di iniziare l’attività di giornalista ha lavorato nel campo delle migrazioni e della violenza di genere. Si occupa di diritti, migrazioni e movimenti sociali.