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Sovraffollamento grave e ritardi: la Corte dei Conti dettaglia la crisi delle carceri

Un Piano Carceri in Italia esiste, ma a dieci anni dalla fine della gestione commissariale la sua attuazione risulta ancora in alto mare. È quanto riferisce la relazione Infrastrutture e digitalizzazione: Piano Carceri [1], nella quale la Corte dei Conti torna a porre l’attenzione sul grave problema di sovraffollamento che affligge le carceri italiane. Un problema ormai strutturale, al punto che, nel 2024, il tasso di sovraffollamento delle strutture era del 120% (61.861 detenuti per 51.312 posti disponibili). Le regioni messe peggio sono Lombardia, Puglia, Campania, Lazio, Veneto e Sicilia. I ritardi attuativi sono dovuti a diversi fattori, che spaziano dalle inadempienze degli esecutori fino alla mancanza di finanziamenti adeguati. La Corte rimarca dunque «la necessità ed urgenza» di portare a termine gli interventi programmati ormai oltre un decennio fa, nonché a migliorare le condizioni ambientali, igienico-sanitarie e trattamentali all’interno degli istituti.

Il Piano Carceri era stato inaugurato nel 2010, quando il governo Berlusconi dichiarò un’emergenza nazionale per gli istituti penitenziari, affidandone la gestione a un commissario. Esso prevedeva, ricorda la Corte dei Conti, «la programmazione dell’impiego di risorse finanziarie per 675 milioni di euro, destinate alla costruzione di 11 nuovi istituti penitenziari (4.750 posti) e 20 padiglioni in ampliamento di istituti esistenti (4.400 posti), per un totale complessivo di 9.150 nuovi posti detentivi». Gli interventi diretti sulle strutture previsti dal Piano sono molteplici: ammodernamento delle strutture, ampliamento degli spazi trattamentali e dei luoghi destinati a iniziative rieducative quali laboratori, miglioramento dell’attrezzatura destinata al lavoro dei detenuti, misure per attuare la digitalizzazione degli istituti, oltre che a lavori di manutenzione ordinaria. Con gli anni e le successive rimodulazioni, nel 2013 il Piano finì per prevedere un totale di oltre 12.000 nuovi posti per detenuti. Nel 2014, sotto il governo Renzi, la gestione del Piano tornò ai ministeri delle Infrastrutture e della Giustizia e iniziarono a emergere i problemi nella sua attuazione.

I motivi dei ritardi sono svariati. La Corte parla delle «frequenti inadempienze contrattuali delle ditte esecutrici», dell’evoluzione del quadro esigenziale delle strutture, «più rapida rispetto ai tempi di avanzamento dei lavori», nonché della «mancanza dei finanziamenti per dare seguito alle varianti progettuali». Per questi e altri fattori, il problema dello stato delle strutture carcerarie è ancora lontano dall’essere risolto. Da quanto riporta la Corte dei Conti, attualmente in Italia esistono 190 strutture carcerarie, di cui oltre il 74% risulta sovraffollato. Su scala regionale, contando i detenuti di tutte le strutture di ciascuna regione, solo Sardegna, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta non risultano sovraffollate. Le regioni a patire di più sono: Lombardia, con 8.918 detenuti a fronte di 6.149 posti disponibili (con un tasso di sovraffollamento del 145%); Puglia, con 4.282 detenuti su 2.943 posti (tasso del 145,4%); Campania, con 7.584 detenuti su 5.927 posti (127,9%); Lazio, con 6.879 detenuti e 5.281 posti (130,2%); Veneto, con due strutture sopra il 169% del tasso di sovraffollamento; e Sicilia, che presenta strutture con tassi superiori al 160%.

Nella sua relazione, la Corte dei Conti sottolinea come «il principio costituzionale in forza del quale la pena deve tendere alla “rieducazione del condannato” rischia di essere disatteso» per problemi che, «in molti casi», da contingenziali sono diventati «sistemici». La situazione delle carceri italiane ha interessato anche istituzioni internazionali: nel 2013, la seconda sezione della Corte europea dei diritti umani emanava infatti la cosiddetta sentenzaTorreggiani”, con la quale concludeva che «le condizioni detentive alle quali i ricorrenti erano stati sottoposti valessero ad integrare il superamento del livello ammissibile di sofferenza inevitabilmente connesso alla detenzione penale», costituendo così una violazione dell’articolo 3 della CEDU. Il problema delle condizioni delle strutture carcerarie in Italia e del loro sovraffollamento è, dopo tutto, di lunga data, tanto che i primi interventi di natura normativa risalgono agli anni ’70 del secolo scorso. In parallelo, ricorda la Corte dei Conti, nel 2006 la grave situazione del sovraffollamento delle carceri e della loro gestione ha indotto il legislatore a intervenire con misure di diritto penale sostanziale per ridurre il numero di detenuti.

Mentre, ormai quasi vent’anni fa, si varavano misure di diritto penale per diminuire il numero di detenuti nelle carceri, l’attuale governo si muove in direzione opposta, spingendo sempre più persone al loro interno. Dal 2022 al 2023, in Italia, sono tornati a salire [2] gli ingressi in carcere per reati relativi alla detenzione e allo spaccio di stupefacenti, ora più penalizzati; il Decreto Caivano [3] smonta il sistema di rieducazione su cui si poggiava il nostro sistema penale minorile, tanto che ora i giovani, non appena compiuti i 18 anni di età, possono essere trasferiti nelle case circondariali insieme agli adulti; il nuovo DL Sicurezza, che ha assorbito la maggior parte delle misure dell’omonimo disegno di legge, inoltre, aumenta le pene detentive per reati già esistenti e ne introduce di nuovi.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.