Il progetto di realizzazione del maxi impianto eolico Badia del Vento, che si prevede di far sorgere nel comune toscano di Badia Tedalda, sta scatenando un’accesa polemica tra due Regioni confinanti. A opporsi con fermezza è il presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele De Pascale, e numerose associazioni ambientaliste, che denunciano un «atto di prevaricazione» da parte della Toscana e richiamano i rischi ambientali per la Valmarecchia, territorio di pregio paesaggistico a cavallo tra le due Regioni. Mentre i comitati locali insorgono per le gravi ricadute sul crinale appenninico, Legambiente difende il progetto in nome della transizione energetica. Al centro della contesa, oltre ai delicati equilibri ecologici, ci sono anche dubbi sull’iter autorizzativo e accuse di scarsa trasparenza.
Doveva tenersi lo scorso 30 aprile, ma è stata rinviata al prossimo 14 maggio la quarta riunione della conferenza dei servizi sul progetto [1] eolico “Badia del Vento”, che prevede l’installazione di sette aerogeneratori alti 180 metri nel territorio di Badia Tedalda, ma con un impatto paesaggistico anche sui versanti romagnolo e marchigiano dell’Appennino. A rilanciare ufficialmente la contrarietà al progetto dei municipi riminesi sul confine – Casteldelci e Borgo Pace – e la bocciatura della Sovrintendenza belle arti e paesaggio è stato il governatore dell’Emilia-Romagna Michele De Pascale, il quale ha inviato una lettera critica al presidente della Toscana Eugenio Giani. Nella missiva si chiede di «rivedere la collocazione e la configurazione degli impianti», non essendo «individuate e individuabili adeguate forme di compensazione e mitigazione». Una netta presa di posizione è arrivata [2] da un fronte compatto di associazioni riunite nella Coalizione TESS – tra cui WWF Rimini e Forlì-Cesena e Italia Nostra Valmarecchia – le quali in una nota congiunta denunciano che la volontà della Regione Toscana di approvare il maxi impianto eolico è «un atto di prevaricazione inaccettabile». L’impianto richiederebbe secondo gli scriventi «boschi abbattuti, sbancamenti dei crinali, trivellazioni profonde, infrastrutture invasive e tonnellate di cemento armato» in un’area situata nei pressi di zone con caratteristiche geologiche e idrogeologiche instabili.
A rinforzare la contestazione tecnica, interviene anche il professor Gian Battista Vai, geologo ed ex direttore del Museo Geologico dell’Università di Bologna, il quale ha affermato che «le stesse ditte proponenti presentano i loro progetto con aerogeneratori di enormi proporzioni, con vaste aree di fondazione che andrebbero ad insistere su un territorio tra i più franosi d’Italia e tra i più inadatti a ospitare infrastrutture, soprattutto di grande peso e dimensioni, che necessitano di fondazioni profonde che, a loro volta, vanno ad attivare o riattivare piani di scivolamento e di distacco». Il geologo ha criticato anche la logica con cui si porta avanti il progetto, sostenendo che non sia accettabile il «voler realizzare impianti di energia a fonti rinnovabili ad ogni costo, ovunque e comunque, senza il rispetto delle regole» e ricordando che il nostro Paese «contribuisce per lo 0,71% alle emissioni globali e il settore dell’industria delle energie rinnovabili riceve miliardi di incentivi, puntualmente scaricati sulle bollette dei cittadini e delle imprese».
Oltre alle contestazioni ambientali, sul maxi parco eolico pesano ombre procedurali. Il Comune di Casteldelci e diverse associazioni hanno sollevato dubbi sulla richiesta della Regione Toscana di superare la Valutazione di Incidenza negativa sulle aree protette con misure compensative, richiesta pubblicata «a un anno di distanza dalla trasmissione al proponente, dopo ripetuti solleciti e accessi agli atti». E ancora: «Il comportamento del Comune di Badia Tedalda, che ha voluto fin dall’inizio questo impianto, desta forti perplessità per il fatto di aver sottoscritto con il proponente un accordo con l’impegno di rilasciare tutte le autorizzazioni a fronte di misure compensative di tipo economico, ancor prima di aver eseguito le necessarie valutazioni tecniche e ambientali». Tali preoccupazioni sono rafforzate dalla «secretazione dello studio anemologico», negato alla cittadinanza nonostante l’importanza di conoscere i dati sulla ventosità reale del crinale.
A difesa del progetto si schiera [3] invece Legambiente. I presidenti nazionale e regionali Stefano Ciafani, Fausto Ferruzza e Davide Ferraresi hanno dichiarato che «non mancano le motivazioni a sostegno del processo di transizione ecologica nei nostri territori», che «trova il suo fulcro nella conversione del sistema energetico verso un modello con minori consumi, azzeramento delle emissioni climalteranti e produzione di energia interamente da fonti rinnovabili». Pur riconoscendo che «gli impianti eolici portino a un mutamento del paesaggio cui siamo abituati», Legambiente ha scritto che «il cambiamento climatico ha già devastato l’Appennino tosco-romagnolo» e «bloccare l’eolico sull’Appennino, anche quando gli impianti sono progettati correttamente e collocati nei pochi punti in cui la disponibilità di vento è adeguata, è incomprensibile». Per l’associazione, è necessario un incontro tra le due Regioni, con l’obiettivo di chiarire «quale sia la traiettoria della transizione energetica per un territorio così fortemente colpito dagli eventi climatici estremi».