Il pomeriggio di mercoledì 30 aprile, sulle alture attorno a Gerusalemme si è diffuso un vastissimo incendio che ha interessato un’area di almeno 2.000 ettari e provocato il ferimento di almeno 29 persone. Le fiamme hanno costretto le autorità israeliane a evacuare tre autostrade e oltre 7.000 persone dalle proprie case, a mobilitare 119 squadre di vigili del fuoco e 12 aerei, a dichiarare l’emergenza nazionale e a chiedere il supporto degli alleati internazionali. La notizia non è tardata ad arrivare anche in Italia: Allarme incendi a Gerusalemme. E Hamas chiama la jihad dei roghi: “Bruciate le case”, ha titolato il Giornale [1]; Brucia Israele, Hamas minaccia: «Incendiate tutto, boschi e case», l’Avvenire [2]. Insomma, per i giornali italiani è tutto chiaro: Hamas avrebbe incitato i palestinesi a insorgere e bruciare la propria stessa terra, e sfruttato, se non addirittura provocato, lo scoppio dell’incendio per danneggiare Israele. Un’interpretazione, come prevedibile, lanciata e diffusa dai media israeliani, che i nostri giornali hanno preferito prendere per vera piuttosto che esercitare il dovuto lavoro di verifica.
La notizia del presunto appello a «bruciare tutto» di Hamas è stata lanciata dal Jerusalem Post [3] con un articolo uscito alle 16:55 del 30 aprile e aggiornato alle 18:40 dello stesso giorno. Il JP scrive che «mercoledì Hamas ha pubblicato su Telegram un messaggio che incoraggia i palestinesi a “bruciare tutto ciò che possono di boschi, foreste e case dei coloni”». Precedentemente, sostiene il JP, «in un post su Telegram, il canale Telegram della Jenin News Network aveva invitato i palestinesi a “bruciare gli alberi vicino agli insediamenti”». L’appello sarebbe arrivato attraverso una serie di messaggi, un video e una immagine-manifesto entrambi di origine chiaramente grafica. Quest’ultimo dettaglio relativo alla locandina non è stato riportato da nessun quotidiano italiano, neanche da quelli che riprendono l’immagine senza mostrarla ai lettori descrivendola con formule a tratti fuorvianti: è il caso per esempio di Libero [4] e il Tempo [5], che scrivono – usando le stesse parole – che «nel post è stata anche pubblicata la foto di una persona mascherata che appicca il fuoco a un campo».
Le parole del JP sono state riprese dalla quasi totalità della stampa italiana, nella maggior parte dei casi senza effettuare alcuna verifica. Nel suo articolo, L’Avvenire scrive che il messaggio su Telegram sarebbe comparso «nelle stesse ore in cui sono divampati i primi roghi sulle colline di Gerusalemme». Anche Sky tg [6]24 [6], il Corriere della Sera [7], il Tempo, Libero, e diversi altri spiegano, usando su per giù le stesse parole, che «l’incendio è scoppiato in concomitanza» con un appello di Hamas, mentre il Messaggero [8] e l’Huffington Post [9] sostengono che l’appello sarebbe stato lanciato prima dei roghi: «l’appello di Hamas sui social prima dei roghi», titola il primo; «“Bruciate tutto”. la minaccia è stata seguita», il secondo.
La questione della coincidenza degli orari è stata, nella migliore delle ipotesi, frutto di una libera interpretazione dei redattori che si sono occupati degli articoli. Lo stesso articolo del JP ripreso da quasi tutte le testate italiane, infatti, sottolinea come «gli incendi boschivi sono scoppiati mercoledì mattina sulle colline della Giudea». I post incriminati di Jenin News, tuttavia, sono usciti alle 15:12 (il video) e alle 15:22 (l’immagine), e lo stesso canale riportava la prima notizia sull’incendio alle 10:30. I pochi che hanno notato il problema cronologico hanno comunque dato per certa la notizia del JP e hanno addossato ad Hamas la responsabilità di avere «approfittato» delle fiamme per lanciare gli appelli: Israele, incendi intorno Gerusalemme. Hamas ne approfitta e lancia l’appello: “Bruciate tutto”, titola per esempio La Repubblica [10].
I vari messaggi di incitamento a bruciare le colline attorno a Gerusalemme provengono dalla stessa Jenin News, che malgrado quanto sostengono alcune testate, come per esempio Today [11], non è affiliata ad Hamas, e da altri canali di informazione palestinesi anch’essi svincolati dai vari gruppi palestinesi. La foto e il video postati da Jenin News che hanno fatto tanto discutere la stampa italiana, invece, sono stati originariamente diffusi da un canale privato denominato al-Mutarad (traducibile in italiano con Il Fuggitivo) che ha condiviso i file rispettivamente alle 14:07 e alle 14:11. Neanche questo, contrariamente a quanto sostenuto da molti, risulta legato ad Hamas. Sui canali che invece sono realmente gestiti o affiliati alla firma palestinese, non compare alcun appello, e i media del gruppo palestinese si limitano a dare la notizia dell’incendio.
Hamas, insomma, non ha lanciato nessun appello a bruciare Gerusalemme, e la notizia che sarebbe all’origine degli incendi non poggia su alcuna fonte attendibile. La causa dello scoppio dei roghi risulta infatti ancora ignota. Una fonte di sicurezza israeliana, tuttavia, ha rivelato al quotidiano israeliano Haaretz [12] che a iniziare gli incedi sarebbero stati gli stessi coloni israeliani. Questa notizia non è verificabile, ma va sottolineato che, se fosse vera, non costituirebbe il primo episodio in cui i cittadini israeliani danno fuoco ai campi palestinesi. Articoli [13] e inchieste [14] giornalistici, rapporti [15] di ONG, studi [16] di movimenti, monografie [17] specializzate, bollettini [18] di istituzioni internazionali, e numerose altre analisi testimoniano infatti che una delle pratiche coloniali comuni in Palestina è proprio quella di dare fuoco ai campi dei palestinesi per espropriare i terreni alla popolazione araba e trapiantarvi flora non autoctona. Lo stesso Jewish National Fund (JNF [19]), che possiede circa il 13% di tutto il territorio israeliano e si occupa della flora locale, ammette che alcuni degli alberi piantati dall’organizzazione non sono autoctoni. Questi, tra l’altro, sono particolarmente sensibili ai climi caldi della Palestina, fattore che li rende soggetti al rischio di incendi.