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L’Italia ha tagliato 600 milioni di euro di aiuti verso i Paesi poveri

Nel 2023, l’Italia ha tagliato i fondi destinati all’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) di 631 milioni di dollari, portandolo al 0,27% del PIL rispetto al già esiguo 0,33% dell’anno precedente. È quanto emerge dall’ultimo rapporto OCSE, che colloca l’Italia tra i fanalini di coda in Europa. Secondo gli accordi internazionali, i Paesi più sviluppati dovrebbero destinare lo 0,7% del PIL agli aiuti. Anche gli aiuti bilaterali alle nazioni africane, ovvero quelli sbandierati dal governo come nucleo del cosiddetto “piano Mattei”, sono in realtà diminuiti, dai 515 milioni del 2022 a 351 milioni nel 2023 (-32%). L’anno scorso, l’aiuto pubblico allo sviluppo da parte dei Paesi ricchi si è di fatto mantenuto stazionario, con una crescita di appena l’1,8%, che è però in buona parte frutto del sostegno umanitario ed economico per la crisi in Ucraina in seguito allo scoppio del conflitto con la Russia.

Per quanto concerne l’Italia, che fa appunto registrare un taglio netto delle risorse messe sul piatto, viene conferma la tendenza che la porta a destinare gran parte dei fondi per l’APS per far fronte all’accoglienza dei richiedenti asilo. Gli Stati possono infatti rendicontare le spese per la gestione dell’accoglienza dei rifugiati come aiuto pubblico allo sviluppo, sebbene queste risorse, non varcando nemmeno i confini del Paese che li utilizza, non vengano spese nei paesi impoveriti. Si parla, nello specifico, di una fetta del 27% sul totale degli aiuti pubblici, passando dai 1.480 milioni stanziati nel 2022 ai 1.609 del 2023. Nonostante i pomposi annunci dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, che vedrebbe nel “Piano Mattei” il fulcro strategico per aiutare le popolazioni africane “a casa loro”, è drasticamente diminuita la quantità degli aiuti destinati ai Paesi del continente nero. Si è infatti passati dal destinare 515 milioni nel 2022 per aiuti bilaterali ai Paesi africani a soli 351 milioni, facendo dunque segnare un pesante -32%. Altro taglio considerevole, precisamente del 30%, riguarda i fondi veicolati verso i Paesi a basso tasso di sviluppo (Ldc). Infatti, nel 2022 la somma ammontava a 381 milioni di dollari, mentre nel 2023 ci si è fermati a 265 milioni. Se rimane costante la quota di aiuti multilaterali – ovvero i fondi che l’Italia destina a organizzazioni internazionali specializzate in cooperazione – passano invece da 398 milioni a 255 milioni, facendo registrare un -36%, le risorse impiegate per far fronte le più gravi crisi umanitarie. «Ancora una volta, i Paesi ricchi, inclusa l’Italia, hanno tradito le loro promesse di aiuto e si avviano a non rispettare gli impegni internazionali, presi e ribaditi in ogni sede. Una posizione assolutamente irresponsabile. – ha dichiarato [1] Francesco Petrelli portavoce e policy advisor su finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia – Non si tratta infatti di carenza di risorse ma della volontà politica nel destinarle a questo impegno o nell’individuare ulteriori fonti di finanziamento a sostegno della spesa pubblica. Basti pensare alla possibilità di tassare i grandi patrimoni dell’0,1% dei cittadini più ricchi che permetterebbe all’Italia di disporre di un gettito addizionale tra i 13,2 e i 15,7 miliardi all’anno. Viviamo in un mondo in cui, in un solo mese, gli uomini più ricchi del pianeta incrementano di decine di miliardi di dollari le proprie fortune, mentre decine di migliaia di donne nei Paesi più poveri del mondo muoiono di parto o durante la gravidanza. Esiste una prova più evidente delle enormi ingiustizie e disuguaglianze a cui stiamo assistendo?».

Alzando lo sguardo sulla situazione globale, si può oggettivamente constatare come non si sia nemmeno lontanamente vicini ad ottemperare all’impegno che, oltre 50 anni fa, gli Stati hanno preso sul raggiungimento dello stanziamento annuo in aiuto allo sviluppo, che dovrebbe essere pari allo 0.70% in rapporto al reddito nazionale lordo dei singoli Paesi. Nel 2023, tale obiettivo è stato raggiunto in Europa solo da 5 Stati, ovvero Lussemburgo, Norvegia, Svezia, Danimarca e Germania. L’anno scorso, i Paesi ricchi hanno veicolato in media soltanto lo 0,37% del loro reddito (dato simile al 2022, quando era allo 0,36%), mentre nel solo continente europeo la media sale allo 0,52%, non arrivando comunque alla sufficienza. Peraltro, come evidenziato [2] da Concord Europe – confederazione che riunisce oltre 2.600 Ong di 28 paesi europei ed esamina la quantità e la qualità dell’aiuto pubblico allo sviluppo delle istituzioni Ue e degli stati membri dell’Unione – il “boom” dell’APS dei Paesi UE, passato dai 70,7 miliardi del 2021 agli 84 del 2022, è stato dovuto proprio al meccanismo degli “aiuti gonfiati”, che vede come voce principale quella relativa alle spese per rifugiati nel paese donatore. Ecco perché, anche nel 2023, il sostegno garantito all’Ucraina avrebbe avuto su questo versante un peso determinante, mentre le risorse sarebbero arrivate col contagocce ai paesi beneficiari per la lotta alla povertà e lo sviluppo sostenibile.

[di Stefano Baudino]