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Bologna: le proteste costringono il sindaco a sospendere la cementificazione del parco

Alla fine, la battaglia delle associazioni e delle frange di cittadinanza che si sono schierate per la difesa del parco Don Bosco, a Bologna, ha sortito i frutti sperati. In seguito a un lungo incontro avvenuto ieri tra il sindaco Matteo Lepore e i membri del Comitato in lotta contro l’abbattimento di decine di alberi per la realizzazione delle nuove scuole Besta, l’Amministrazione ha infatti deciso – almeno per il momento – di sospendere i lavori del cantiere, ancora presidiato dagli attivisti. Sebbene le posizioni rimangano molto distanti, il primo cittadino del capoluogo emiliano ha garantito che sarà perseguita la strada del «dialogo». Il momento di massima tensione si era verificato lo scorso 3 aprile, quando decine di agenti in assetto antisommossa si erano scontrati contro i manifestanti accorsi sul luogo al fine di proteggere quella porzione di verde pubblico che avrebbe subito l’azione delle motoseghe. Riuscendo, infine, a impedire la prosecuzione dei lavori.

Prima del summit, in piazza del Nettuno, di fronte al Palazzo Comunale, è andato in scena un partecipato presidio dei collettivi che si oppongono al progetto. Successivamente, c’è stato l’atteso faccia a faccia tra il sindaco e i rappresentanti del Comitato che stanno difendendo il Parco, sfociato nella scelta di sospendere in via temporanea i lavori. Entrambe le parti in causa parlano di una momentanea soluzione di compromesso, ma è evidente che la questione è ben lontana da una risoluzione che metta d’accordo tutti. «Le posizioni rimangono molto distanti, ma abbiamo proposto di lavorare a una sintesi tramite un dialogo, un tavolo del quale non abbiamo ancora una data perché il Comitato del No alle Scuole Besta deve prima riunirsi in assemblea per decidere se accettarlo – ha dichiarato [1] il primo cittadino Matteo Lepore a margine dell’incontro -. Il cantiere non potrebbe comunque andare avanti perché è presidiato, e siccome noi abbiamo scelto la strada del dialogo, per ora non andrà avanti e non ci sarà uso della forza pubblica». Dall’altro lato, il Comitato esprime soddisfazione per il risultato raggiunto e per l’apertura manifestata dal sindaco, ma resta fermo sulle sue posizioni. «Vedremo se davvero c’è una volontà di dialogare, oltre quello che si è detto stasera – ha affermato [2] il portavoce Gianni De Giuli –. La soluzione possibile per noi rimanere quella della ristrutturazione delle attuali Besta, per loro no. Siamo aperti a trovare modalità alternative. Il parco, lo ribadiamo, è intoccabile. Per noi era importante uscire dal tavolo con il sindaco dicendo che il dialogo va avanti, specie dopo la violenza scatenata da Polizia e Carabinieri». A reagire positivamente è anche il collettivo di scrittori bolognesi Wu Ming, che è stato parte attiva nella protesta. “È la prima volta che una lotta costringe il sindaco a una ‘pausa di riflessione’ su uno dei mille progetti di cementificazione portati avanti dalla giunta – hanno scritto [3] i suoi membri in un comunicato -. Ovviamente va tutto preso con le dovute pinze, vale il monito: ‘viso pallido parla con lingua biforcuta’. La partita è apertissima e resta difficile. Ma intanto i lavori sono sospesi. Non era per niente scontato”.

Nella mattinata dello scorso 3 aprile, decine di agenti in tenuta antisommossa e almeno sette camionette avevano circondato [4] il parco Don Bosco con l’obiettivo di “proteggere” l’azione delle motoseghe che avrebbero dovuto abbattere 42 alberi per aprire alla costruzione di una nuova scuola media. Ma quel giorno il Parco, divenuto da settimane il fulcro della lotta di ambientalisti e cittadini del quartiere contro la cementificazione, era presidiato da centinaia di persone. Dopo diverse cariche, in cui la polizia ha fatto ampio uso dei manganelli, arrivando a ferire alcuni attivisti, gli agenti sono riusciti a recintare una piccola porzione di parco, dove gli operai hanno iniziato ad abbattere gli alberi. I manifestanti hanno però rotto le recinzioni e impedito la prosecuzione dei lavori. Gli operai hanno così rinunciato alle operazioni, reputate troppo pericolose per la presenza dei manifestanti, e se ne sono andati, seguiti dalle forze dell’ordine.

[di Stefano Baudino]