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A San Francisco è stato lanciato un esperimento di geoingegneria solare

Negli Stati Uniti, più precisamente ad Alameda, in California, è iniziato un esperimento di geoingegneria di gestione della radiazione solare, che gli stessi organizzatori hanno mantenuto segreto per la paura che gli attivisti potessero fermalo. Martedì scorso, da una portaerei dismessa nella baia di San Francisco è stata messa in funzione la macchina che, fino a maggio, sparerà trilioni di particelle di sale marino nel cielo nel tentativo di aumentare la densità delle nuvole e la loro capacità riflettente. Il progetto CAARE (Coastal Atmospheric Aerosol Research and Engagement), sarebbe il primo esperimento all’aperto di tale tecnologia geoingegneristica che mira a ridurre la temperatura schermando i raggi solari. La categoria che comprende le tecniche e le tecnologie di geoingegneria che mirano a riflettere la radiazione solare, solar radiation modification (SRM), è sicuramente la più criticata di tutte per il suo impatto invasivo e per le sconosciute conseguenze e ricadute ecologiche e sociali.

Gli organizzatori dell’esperimento [1] hanno deciso di mantenere su di esso la massima segretezza per la paura che gli attivisti potessero fermalo, come recentemente accaduto [2] all’Università di Harvard e al suo progetto SCoPEx (abbreviazione di “esperimento di perturbazione controllata stratosferica”), che avrebbe dovuto aver luogo in Svezia. Il progetto CAARE (Coastal Atmospheric Aerosol Research and Engagement) non si è rivelato al pubblico finchè, dal ponte di una portaerei dismessa nella baia di San Francisco, un dispositivo simile a un generatore di neve ha iniziato a rombare fino ad emettere, a grande velocità, una sottile nebbia composta da minuscole particelle di sale marino, viaggiando per centinaia di metri nell’aria. Secondo quanto dichiarato, si tratterebbe del primo test all’aperto condotto negli Stati Uniti riguardante una tecnologia progettata per illuminare le nuvole e far rimbalzare i raggi del sole nello spazio. Nell’esperimento è coinvolta l’Università di Washington e il SilverLining, un gruppo di sostegno alla ricerca di geoingegneria. La prova durerà fino alla fine di maggio.

«Il mondo ha bisogno di far progredire rapidamente la sua comprensione degli effetti delle particelle di aerosol sul clima», ha dichiarato Kelly Wanser, direttore esecutivo di SilverLining, in un comunicato stampa. L’Università di Washington ha invece emesso un comunicato in cui esalta il proprio impegno per una scienza integrata con l’impegno sociale. Notiamo un certo scollamento tra la dichiarazione dell’Università e la decisione di mantenere l’esperimento segreto fino alla sua realizzazione per paura di possibili critiche e/o azioni di attivisti. Sebbene l’amministrazione Biden stia finanziando la ricerca su diversi interventi climatici, tra cui tecnologie geoingegneristiche che rientrano nella categoria della solar radiation modification (SRM), la Casa Bianca ha preso le distanze dallo studio californiano, inviando una dichiarazione al New York Times in cui si legge [1]: «Il governo degli Stati Uniti non è coinvolto nell’esperimento di modifica della radiazione solare (SRM) che si svolge ad Alameda, in California, o in qualsiasi altro luogo».

Greg Goldsmith, decano associato per la ricerca e lo sviluppo presso la Chapman University ha fatto notare che il nel progetto CAARE non vengono menzionati i suoi potenziali impatti ecologici, una considerazione chiave raccomandata da un seminario sull’illuminazione delle nuvole marine dell’amministrazione Biden del 2022. «La storia ci ha dimostrato che quando ci inseriamo nella modificazione della natura, ci sono sempre conseguenze indesiderate molto gravi. E quindi, sarebbe prudente ascoltare ciò che la storia ha mostrato e cercare le conseguenze», ha detto [3] Goldsmith, il quale studia le implicazioni del cambiamento climatico per la struttura e la funzione delle piante. David Santillo, scienziato senior di Greenpeace International, è profondamente scettico sulle proposte di modificare la radiazione solare, in quanto le conseguenze sarebbero difficili da prevedere, o anche da misurare. «Si potrebbero cambiare i modelli climatici, non solo sul mare, ma anche sulla terraferma. Questa è una visione spaventosa del futuro che dovremmo cercare di evitare a tutti i costi», ha detto [1] Santillo.

La geoingegneria ormai non è più tabù e c’è chi crede che presto milioni, o meglio miliardi di dollari si riverseranno in questo settore tecnologico. Molti progetti ed esperimenti sono già in corso negli Stati Uniti [4] come nel resto del mondo: dalle tecniche di riduzione ed assorbimento del carbonio, alla fertilizzazione e alla modifica degli ambienti marini, fino alle tecniche di gestione della radiazione solare, come quella appena esposta in questo articolo. Proprio su quest’ultima tecnica geoingegneristica, nel mese di gennaio, presso gli uffici di San Francisco dell’Environmental Defense Fund (che ha sostenuto pubblicamente la ricerca sulla geoingegneria dal 2011), una trentina tra scienziati, (falsi) attivisti ambientali e filantropi, si sono incontrati [5] privatamente per discutere su come prepararsi alla prevista impennata di finanziamenti della Silicon Valley su tali tecnologie. Karen Orenstein, direttrice del Climate and Energy Justice Program di Friends of the Earth U.S., un gruppo ambientalista senza scopo di lucro, ha definito [1] la modifica della radiazione solare «una distrazione straordinariamente pericolosa».

L’idea stessa di voler intervenire drasticamente sull’ambiente terrestre, in relazione al suo rapporto col Sole, senza minimamente intervenire sui processi umani che sarebbero la determinante del “cambiamento climatico”, è già di per sé fonte di numerose critiche. Inoltre, non si conoscono le conseguenze ecologiche e sociali di una tale modificazione dell’ambiente terrestre, il che è fonte di ulteriori critiche di stampo etico e scientifico.

[di Michele Manfrin]