- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

Israele rifiuta il cessate il fuoco e continua a bombardare e affamare Gaza

Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz lo aveva affermato [1] immediatamente: «Israele non cesserà il fuoco, distruggerà Hamas e continuerà a combattere finché l’ultimo degli ostaggi non tornerà a casa». Infatti, le cronache delle prime ventiquattro ore dopo la risoluzione con la quale il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto per la prima volta una tregua su Gaza almeno fino al termine del mese sacro del Ramadan, ci raccontano di un altro giorno di ordinaria tragedia umanitaria. Con i bombardamenti israeliani che, forse a voler scenograficamente contestare la decisione del Palazzo di Vetro, sono stati anzi più intensi dei giorni precedenti. Attacchi sono andati avanti tutta la notte sopra Khirbet al-Adas e Ash-Sha’out, due quartieri di Rafah dove si sono rifugiati centinaia di migliaia di civili palestinesi. L’offensiva israeliana ha poi colpito anche il sud del Libano, uccidendo almeno 7 persone secondo quanto riportato da Al Jazeera, e la Cisgiordania occupata, dove i soldati di Tel Aviv hanno ucciso un diciannovenne palestinese a Jenin e altri quattro a Qabatiya.

Come se non bastasse, secondo quanto riportato [2] dalla CNN, almeno 12 palestinesi sono morti annegando nel mare della Striscia di Gaza, mentre cercavano di recuperare pacchi di aiuti umanitari lanciati per via aerea. La brutalità della carneficina su Gaza sta anche in dettagli come questo: esseri umani ormai costretti a rischiare (e perdere) la vita ogni giorno per raggiungere un pacco di farina o di carne in scatola, obbligato a piovere dal cielo perché la barbarie dell’assedio israeliano impedisce a centinaia di camion carichi di aiuti di entrare nella Striscia di Gaza via terra, varcando il valico di Rafah che collega la Striscia all’Egitto.

Il Consiglio di Sicurezza «Chiede un cessate il fuoco immediato per il mese del Ramadan, rispettato da tutte le parti, che conduca ad un cessate il fuoco duraturo e sostenibile, e chiede inoltre il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi, oltre a garantire l’accesso umanitario per far fronte alle loro esigenze mediche e di altro tipo, e chiede inoltre che le parti rispettino i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale in relazione a tutte le persone detenute; sottolinea l’urgente necessità di espandere il flusso di assistenza umanitaria e rafforzare la protezione dei civili nell’intera Striscia di Gaza e ribadisce la sua richiesta di eliminare tutte le barriere alla fornitura di assistenza umanitaria su larga scala, in linea con il diritto umanitario internazionale nonché le risoluzioni 2712 (2023) e 2720 (2023)». Questo il testo approvato dopo lunghe trattative dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con il voto favorevole di quattro membri permanenti su cinque (Cina, Francia, Regno Unito e Russia) e con l’astensione decisiva degli Stati Uniti che hanno rinunciato ad esercitare il diritto di veto, come avevano fatto sistematicamente con ogni precedente risoluzione invisa ad Israele.

Le risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sono, o meglio sarebbero, vincolanti. L’articolo 25 [3] dello Statuto delle Nazioni Unite prescrive che gli Stati devono «accettare ed eseguire le decisioni del Consiglio di Sicurezza», mentre l’articolo 42 [4] specifica che – nel caso in cui i Paesi si rifiutino di rispettare le risoluzioni – la comunità internazionale può intraprendere «con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale». Perché allora Israele può permettersi di non rispettare la risoluzione? La verità è che la decisione USA di permettere l’approvazione della richiesta di cessate il fuoco pare più dettata dalla necessità tutta politica avvertita dall’amministrazione Biden di dimostrare (agli elettori e ai partner mondiali) che si vuole fare qualcosa più che dalla volontà di agire realmente. Infatti, subito dopo l’approvazione della risoluzione, i rappresentanti di Washington presso il Consiglio di Sicurezza si sono affrettati a definire il testo approvato come «non vincolante». La scappatoia sarebbe contenuta nel fatto che il testo della risoluzione non contiene il consueto verbo decide (decidere), ma si limita ad utilizzare demands (domandare) a proposito del cessate il fuoco. Una interpretazione sulla quale non sono d’accordo Russia e Cina, che hanno specificato che ritengono la risoluzione vincolante. Difficile tuttavia che gli alti diplomatici di tutte le parti coinvolte al Palazzo di Vetro non fossero consci che il verbo utilizzato avrebbe permesso agli Stati Uniti di preparare la scappatoia per Israele. E così, mentre nel palazzo della diplomazia ci si interroga sull’interpretazione da dare al verbo domandare, nella Striscia di Gaza si continua a morire sotto alle bombe israeliane.

[di Andrea Legni]