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I missili occidentali non stanno fermando gli Houthi, che anzi alzano la posta

Gli attacchi in territorio yemenita da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna e il recente lancio della missione Aspides da parte dei Paesi europei non stanno fermando le azioni dello Yemen nel Mar Rosso, volte a sabotare e dirottare le navi commerciali israeliane o legate a Israele in solidarietà alla Palestina e come mezzo di pressione per un cessate il fuoco a Gaza. Al contrario, i cosiddetti ribelli Youthi, che dal 2015 controllano la capitale Sana’a, stanno inasprendo ulteriormente la stretta sul controllo delle navi commerciali, stabilendo che queste debbano avere il permesso preventivo dell’Autorità per gli affari marittimi dello Yemen per entrare nelle acque yemenite, secondo quanto riferito [1] lunedì 4 marzo dal ministro delle Telecomunicazioni Houthi Misfer Al-Numair. Le acque territoriali interessate dall’ordine yemenita si estendono dalla metà dello stretto di Bab al-Mandab, largo 20 km (12 miglia), al Mar Rosso attraverso il quale passa circa il 15% del traffico marittimo mondiale diretto o proveniente dal Canale di Suez. In questo contesto, il transito di navi commerciali nell’area interessata dagli attacchi continua a calare: secondo i dati [2] di Port Watch, piattaforma di analisi del commercio marittimo del Fondo Monetario Internazionale (FMI), agli inizi di gennaio transitavano nello stretto di Bab  el-Mandeb una media di circa 48 navi in una settimana, mentre al primo marzo la media è scesa a 29. Parallelamente sta aumentando il numero di imbarcazioni costretto a circumnavigare il Capo di Buona Speranza in Africa, con potenziali effetti negativi sui costi di spedizione e per il commercio globale.

A partire dall’autunno del 2023, i miliziani del movimento Ansar Allah hanno colpito decine di navi di Stati alleati di Israele nel Mar Rosso e nello Stretto di Bab el-Mandeb mettendo in crisi il traffico marittimo globale e costringendo le navi a percorsi molto più lunghi: il che ha delle ripercussioni sui costi di spedizione che potrebbero ripercuotersi, in ultima analisi, sui consumatori finali, facendo temere anche un possibile aumento dell’inflazione in Europa. Secondo [3] alcuni analisti, per il momento, gli effetti in termini macroeconomici sul Vecchio continente sono trascurabili, ma più a lungo si protrarranno le azioni dello Yemen nel fondamentale snodo commerciale, più alto è il rischio di ripercussioni negative sulle aziende e sull’economia. Secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), alla fine di gennaio il traffico di navi portacontainer nel Mar Rosso era calato del 30% e il colosso danese delle spedizioni marittime Maersk ha avvertito [4] che il calo si protrarrà nella seconda metà dell’anno: «preparatevi perché la situazione nel Mar Rosso durerà nella seconda metà dell’anno e inserite tempi di transito più lunghi nella pianificazione della vostra catena di approvvigionamento», ha affermato a fine febbraio il capo della Maersk per il Nord America, Charles van der Steene, aggiungendo anche che tempi di navigazione più lunghi hanno già aumentato le tariffe di trasporto.

La situazione, dannosa per il commercio dei Paesi occidentali, ha indotto Europa e Stati Uniti a lanciare delle missioni per proteggere le loro navi nel Mar Rosso. Proprio oggi le commissioni Esteri e Difesa della Camera hanno dato [5] il primo via libera alla missione Aspides (scudo) guidata dall’Italia che opererà in coordinamento con la missione già attiva Atalanta e con l’operazione britannico-statunitense Prosperity Guardian, con l’obiettivo di salvaguardare la libera navigazione e proteggere il naviglio mercantile in transito. Le iniziative occidentali non sembrano però avere intimidito gli Houthi che proseguono negli attacchi: l’ultima nave colpita è la portacontainer Msc Sky II, battente bandiera liberiana e di proprietà svizzera, diretta verso Gibuti, mentre a febbraio avevano colpito e affondato la nave britannica Rubymar. Inoltre, la compagnia Global Communication con sede a Hong Kong ha affermato che almeno quattro cavi di comunicazione sottomarini – Asia-Africa-Europa 1, Europe India Gateway, Seacom e TGN-Gulf – sono stati danneggiati la settimana scorsa nel Mar Rosso, senza precisare la causa: secondo una stima i danni hanno interessato il 25% del traffico dati della zona. Lo Yemen ha negato il suo coinvolgimento nel danneggiamento dei cavi, sostenendo, invece, che esso vada imputato agli attacchi statunitensi e britannici.

Nel Mar Rosso è in atto, dunque, una vera e propria battaglia navale tra gli alleati di Israele e lo Yemen: in tale contesto, piuttosto che costringere Tel Aviv ad un immediato cessate il fuoco, attraverso le risoluzioni in sede ONU e smettendo di inviare armi, gli Stati Uniti e i suoi satelliti hanno preferito avviare missioni navali che con ogni probabilità alzeranno ancora di più lo scontro nella zona e le tensioni in Medio Oriente.

[di Giorgia Audiello]