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“La poesia ho infilato al ramo”, di Evgenij A. Evtushenko (1959)

Ho infilato al ramo la poesia,
che lotta e non cede al vento.
Mi preghi: “Sfilala, non scherzare.”
Passa qualcuno.
Guardano incuriositi.
Non possiamo stare a discutere.
Andiamo via.
“Ma la dimenticherai”.
È vero,
però domani te ne scriverò una nuova.
Che importa una poesia perduta!
Non pesa certo al ramo la poesia.
Te ne scriverò quante vorrai,
tanti alberi tante poesie!
Ma di te e di me, cosa sarà domani?
Questo forse presto lo dimenticheremo.
No, se la via si annuvola
un giorno ricorderemo che laggiù
in piena luce
l’albero sventola la poesia,
e ci diremo sorridendo:
“Dobbiamo andare avanti”.

La poesia è fatta di parole al vento e dunque bisogna fissarla, ma esilmente per non ostacolare il suo destino. Lasciare che sorprenda i viandanti ma dopo di loro altri che ancora andranno avanti e si faranno stupire.

La poesia è anima, ànemos in greco, appunto ‘vento’, leggerezza potente che dà fiato, che muove e che lascia tracce.

Parole leggere ma vere che stanno per strada sui sentieri dell’essere e del divenire, del rimanere soli e dell’incontrarsi. Parole come bandiere che il vento vorrebbe disperdere e che invece si scuotono, come verità che non cedono.

Chi scrive poesie è tuttavia un docile creatore che all’occasione potrà scriverne altre, che poi non saranno più sue. Perché la poesia è fonte e destino, è di tutti e non di qualcuno, è anima sì ma anche corpo.

La poesia è uno di quei rami che si aprono al mondo e il poeta è un creatore che poi scompare e in cambio non chiede nulla.

La poesia però, se è destino è perché sarà strumento di incontro, di un ‘tu’ reale o immaginario. ‘Forse perché della fatal quiete tu sei l’imago“: Ugo Foscolo scrive così della sera ma qualsiasi ‘tu’ del poeta è il mondo intero attorno a sé.

La poesia vuole amare senza sapere chi, perché quel chi è chiunque, perché quel tu è l’io stesso del poeta che sa che la poesia non ammette la sera, l’annuvolarsi, la morte e supera.

Un poeta che lotta, che brandisce la poesia come un’arma per vincere, per andare avanti, perché lui, il ramo, non vuole, non deve cedere alla forza ostile del vento.

[di Gian Paolo Caprettini]