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Il “giorno X” è arrivato: il movimento Free Assange chiama gli italiani alla mobilitazione

Con una lettera indirizzata a tutti gli italiani, il movimento Free Assange chiama i cittadini alla mobilitazione generale in vista della data cruciale del 20 febbraio, quando presso l’Alta Corte di Londra comincerà l’udienza decisiva per stabilire se il fondatore di WikiLeaks – recluso nel carcere londinese di Belmarsh dal 2019 – verrà o meno estradato negli Stati Uniti, dove rischia fino a 175 anni di carcere per aver svelato segreti sgraditi al governo americano. L’invito, per chi può, è a recarsi a Londra, dove si terrà una grande manifestazione in supporto di Julian Assange in contemporanea con l’udienza. A tal fine, si stanno organizzando i gruppi per la partenza da tutta Italia. Tutti coloro che non potranno spostarsi nella capitale britannica sono invece invitati a partecipare a una delle quattro manifestazioni che il 20 e 21 febbraio si terranno nella Penisola, in particolare a Milano (davanti al Consolato britannico), a Roma (davanti all’Ambasciata britannica), a Napoli (davanti al Consolato degli Stati Uniti) e a Catania (davanti alla Prefettura).

“L’estradizione negli Stati Uniti” e “una condanna” di Assange “solamente per averci informato circa crimini di guerra, crimini commessi dalle istituzioni, torture sistematiche di prigionieri” – scrive Free Assange – “comporterà per noi la fine del giornalismo investigativo libero e la fine del diritto ad essere informati sulle notizie di interesse pubblico”, nonché “il protrarsi delle ingiustizie e dei crimini commessi dagli Stati contro persone indifese, con la conseguente impunità in quanto tutto ciò sarà catalogato come segreto di Stato”. Per questo motivo, l’appello [1] del movimento è quello di “condividere con tutti e ovunque questa notizia” e “partecipare in massa” ai raduni mondiali in vista per il 20 e il 21 febbraio, manifestando “pacificamente” il proprio sostegno all’attivista australiano e alla sua famiglia. A condividere con il gruppo Free Assange queste informazioni, chiedendo massima partecipazione alle persone in tutti i Paesi, è stata Stella Morris, avvocatessa di Assange e sua consorte dal marzo 2022, quando la coppia si è sposata all’interno del carcere di Belmarsh.

A decidere [2] sul destino di Assange sarà un collegio composto da due giudici, chiamati a riesaminare una decisione dell’Alta Corte adottata da un giudice monocratico lo scorso 6 giugno 2023, che aveva negato all’attivista australiano il permesso di fare appello. Due i possibili esiti: da un lato si potrà stabilire che Assange abbia ancora l’opportunità di discutere il suo caso davanti ai tribunali nazionali inglesi (ma ciò non gli consentirebbe comunque di uscire dalle mura della prigione di Belmarsh per tutta la durata del nuovo ricorso); dall’altro, si potrà invece sancire che l’imputato avrà esaurito i ricorsi a sua disposizione. Da qui si aprirebbe la procedura di estradizione negli Usa. Se dovesse perdere anche questa battaglia, Assange avrà come ultima possibilità solo quella del ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, facendo scattare un articolo, il n. 39, che proibisce l’estradizione mentre il caso è sotto esame.

[di Stefano Baudino]