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Nella notte USA e Regno Unito hanno bombardato gli Huthi nello Yemen

Stati Uniti e Gran Bretagna hanno attaccato gli Huthi nello Yemen nelle prime ore di oggi, venerdì 12 gennaio. L’attacco è stato definito una risposta ai continui attacchi portatati dal gruppo ribelle alle navi in transito nel mar Rosso come azione di solidarietà alla causa palestinese, che hanno provocato la paralisi del flusso della logistica e del commercio che passa per la rotta del Canale di Suez. Oltre sessanta obiettivi sono stati bombardati per via aerea, mentre gli Huthi hanno già fatto sapere che quella che hanno definito l’«aggressione americano-sionista-britannica», non fermerà la loro missione di «colpire le navi israeliane o quelle dirette verso i porti della Palestina occupata».  L’attacco si inserisce in una chiara escalation del fronte del mar Rosso che rischia di far allargare il conflitto ad ampie parti del Medio Oriente, con la Russia che ha subito richiesto una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

«Oggi, sotto la mia direzione, le forze militari statunitensi, insieme al Regno Unito e con il sostegno di Australia, Bahrain, Canada e Paesi Bassi, hanno condotto con successo attacchi contro una serie di obiettivi nello Yemen utilizzati dai ribelli Huthi per mettere in pericolo la libertà di navigazione in uno dei corsi d’acqua più vitali del mondo», ha detto il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, in una dichiarazione [1] rilasciata dalla Casa Bianca. «Questi attacchi mirati sono un chiaro messaggio che gli Stati Uniti e i nostri partner non tollereranno attacchi al nostro personale né consentiranno ad attori ostili di mettere in pericolo la libertà di navigazione in una delle rotte commerciali più critiche del mondo», ha dichiarato [2] il Presidente Biden in una nota. «Non esiterò a dirigere ulteriori misure per proteggere il nostro popolo e il libero flusso del commercio internazionale, se necessario», è quanto scritto in un altro passaggio. Il Primo Ministro britannico, Rishi Sunak, ha detto [2] che «il Regno Unito si alzerà sempre in piedi per la libertà di navigazione e del libero flusso delle merci».

Le forze statunitensi e della task force multinazionale, coinvolti nell’operazione “Prosperity Guardian”, hanno eseguito attacchi su oltre 60 obiettivi, tra cui “nodi di comando e controllo, depositi di munizioni, sistemi di lancio, impianti di produzione e sistemi radar di difesa aerea”, secondo quanto riferito dal comandante centrale delle forze aeree statunitensi, il tenente generale Alex Grynkewich. Gli attacchi sono stati effettuati da aerei da combattimento ma sono state utilizzate anche piattaforme marine di superficie e sottomarine.

I funzionari Huthi hanno riferito [3] di esplosioni nella capitale, San’a, e nelle province di Hodeida, Saada e Dhamar, che hanno attribuito alla «aggressione americano-sionista-britannica». San’a ospita le scorte missilistiche degli Huthi, mentre gli attacchi alle navi sono stati lanciati dal porto di Hodeida. Il portavoce delle forze armate yemenite, il generale di brigata Yahya Saree, ritiene [4] gli Stati Uniti e la Gran Bretagna pienamente responsabili della loro aggressione criminale contro il popolo yemenita, sottolineando che l’aggressione non dissuaderà lo Yemen dalla sua posizione a sostegno del popolo palestinese. Secondo i funzionari Huthi questo attacco conferma la posizione di USA e GB a fianco del “terrorismo sionista” nella sua opera di genocidio e lo considerano come un proseguimento del conflitto che nello Yemen imperversa dal 2014. «La battaglia sarà più grande e al di là dell’immaginazione e delle aspettative degli americani e degli inglesi», ha detto [5] Ali al-Qahoum, alto funzionario Huthi.

Nonostante l’attacco, Ansar Allah, avanguardia della resistenza yemenita, ha dichiarato il suo incrollabile impegno a colpire le navi israeliane e dirette in Israele che transitano nel mar Rosso. Il portavoce del movimento, Mohammed Abdul Salam, ha condannato l’aggressione militare contro [6] la terraferma yemenita: «Affermiamo che non c’è assolutamente alcuna giustificazione per questa aggressione contro lo Yemen, in quanto non c’era alcuna minaccia alla navigazione internazionale nel mar Rosso e nel mar Arabico, e l’obiettivo era e continuerà a colpire le navi israeliane o quelle dirette verso i porti della Palestina occupata».

Hezbollah, Hamas e Jihad islamica palestinese hanno condannato [7] USA e GB per gli attacchi agli Huthi e sodalizzato con questi ultimi. La Russia ha chiesto che venga convocata per oggi una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per discutere «in relazione agli attacchi degli Stati Uniti e del Regno Unito contro lo Yemen», come dichiarato [8] dalla missione diplomatica permanente della Russia presso le Nazioni Unite.

L’Arabia Saudita ha rilasciato [9] stamani una dichiarazione chiedendo moderazione per evitare una escalation nella regione. Il ministero degli Esteri dell’Arabia Saudita ha pubblicato su X un comunicato in cui spiega che sta monitorando da vicino la situazione con «grande preoccupazione», sottolineando l’importanza di mantenere la sicurezza e la stabilità della regione del mar Rosso. Non è chiaro se i sauditi abbiano o meno concesso lo spazio aereo a USA e GB per effettuare gli attacchi aerei, il che renderebbe ancora più complicata la situazione.

L’attacco sembra andare ad ogni modo a tutto vantaggio di Israele. Dal punto di vista mediatico, distoglie un po’ l’attenzione dal genocidio che sta portando avanti a Gaza e dal processo in corso alla Corte Internazionale di Giustizia, a l’Aja, proprio in merito a tale genocidio. Sul fronte militare, un’apertura di un vero e proprio fronte nello Yemen e nel mar Rosso permetterebbe ad Israele di avere ancor più sostegno nel conflitto, configurandolo come conflitto regionale in una vera e propria alleanza con USA e GB. Sul piano diplomatico-militare questo può volgersi a favore di Israele nella misura in cui può incrinare il fronte arabo nel riacutizzarsi di dissidi legati allo Yemen e che riguardano Iran e Arabia Saudita.

[di Michele Manfrin]