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La Commissione Algoritmi: funzione, guida e il suo oscuro perimetro di azione

I vertici della Commissione sull’intelligenza artificiale del governo italiano, organo noto volgarmente come “Commissione Algoritmi”, hanno recentemente subito uno scossone storico: l’ex Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato ha lasciato l’incarico che lo avrebbe voluto alla guida del team, cedendo di fatto le redini del progetto al teologo francescano Padre Benanti. In passato, molti avevano canzonato la nomina dell’ottantacinquenne Amato, giudicato troppo poco vicino alle nuove tecnologie, e anche l’avvento di un uomo di Chiesa si sta prestando a osservazioni pungenti, tuttavia, muovendosi oltre al gossip, si nota che sia ancora da chiarire un elemento più essenziale, ovvero quale sia il ruolo della Commissione all’interno della macchina governativa.

Contrariamente a quanto sia lecito pensare, la Commissione Algoritmi non risponde al Dipartimento per la trasformazione digitale, ma a quello dell’l’informazione e l’editoria, ramo amministrativo guidato dal sottosegretario Alfredo Barachini (Forza Italia). La funzione della Commissione è fondamentalmente quella di think tank: riunire specialisti del settore per identificare le criticità delle nuove tecnologie al fine di consigliare al dipartimento come meglio gestire l’impatto delle stesse all’interno delle dinamiche dell’informazione e dell’editoria. Usando le parole dello stesso Barachini [1], gli impegni della Commissione saranno «da un lato, la difesa del diritto d’autore, sulla quale la Commissione AI per l’Informazione farà le proprie osservazioni, che potranno costituire, tenuto conto della legislazione vigente, la base di una proposta normativa; dall’altro, la difesa dell’originalità del lavoro giornalistico e della responsabilità editoriale».

Se il fine della Commissione Algoritmi è chiaro, i suoi metodi, le modalità d’azione e i suoi effetti concreti restano relativamente ambigui. Non è detto, per esempio, che il Governo decida di tenere in opportuna considerazione le opinioni degli specialisti selezionati. Queste potrebbero infatti essere giudicate troppo castranti per le ipotesi di crescita economica del Paese, oppure potrebbero impantanarsi in quella tacita competizione politica che sta emergendo in vista delle elezioni europee tra Fratelli d’Italia e Forza Italia. A rendere tutto più raffazzonato è inoltre il fatto che Alessio Butti (Fratelli d’Italia), sottosegretario della presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Innovazione, abbia nominato a sua volta un gruppo di lavoro che condivide con la Commissione Algoritmi sia le tematiche d’interesse che gli obiettivi, elemento che prospetta sovrapposizioni d’influenza potenzialmente controproducenti.

Se gli impatti della Commissione Algoritmi sulla stesura di nuove leggi sono ancora poco evidenti, è invece palese che l’organo si presti a essere soggetto a molti attriti diplomatici d’alto profilo. Amato stesso ha ammesso al Corriere della Sera [2]che il suo abbandono non sia legato tanto a questioni tecniche, quanto alla frustrazione di essere stato soggetto alle critiche del Primo Ministro Giorgia Meloni. «Credo si sappia che [la nomina di Amato] non sia una mia iniziativa», aveva infatti dichiarato Meloni in occasione della conferenza stampa di fine anno dando a intendere che il professionista fosse poco gradito all’establishment. Tra Amato e Meloni scorre d’altronde sangue amaro, soprattutto dopo che il giurista ha sostenuto pubblicamente [3] che lo scivolamento politico verso le posizioni di Ungheria e Polonia stia mettendo a repentaglio la democrazia italiana.

Dal canto suo, Padre Benanti ha un pedigree invidiabile: è uno specialista di etica delle tecnologie, membro del Comitato sull’intelligenza artificiale [4]delle Nazioni Unite e consigliere di Papa Francesco su tutto ciò che si lega alle IA. Allo stesso tempo, è opportuno ricordare che Benanti si trovi ora in una situazione molto particolare: è a capo della Commissione Algoritmi, ma il suo nome figura [5] anche all’interno del comitato tecnico voluto da Butti. A questo punto non è chiaro se la decisione di mettere il francescano a capo del team voluto da Barachini finirà con l’uniformare le posizioni delle due Commissioni – cosa che renderebbe ridondante l’esistenza di due gruppi separati – o se l’uomo di Chiesa si troverà a improvvisare gesta goldoniane che possano promuovere i propri obiettivi a discapito degli interessi dei due padroni.

[di Walter Ferri]