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La Corte Suprema russa ha messo fuorilegge i movimenti LGTB dichiarandoli “estremisti”

Il 30 novembre la Corte Suprema russa ha approvato la proposta del ministero della Giustizia di mettere al bando quello che viene definito “movimento internazionale LGBT”, etichettandolo come estremista. La decisione potrebbe portare all’arresto di chi si batte per i diritti della comunità gay e – denunciano gli attivisti per i diritti umani – potenzialmente di ogni attivista per i diritti umani in generale, data la vaghezza con la quale il testo è stato scritto. In ogni caso la decisione, richiesta dal governo, testimonia un dato politico, ovvero la saldatura sempre più netta tra Vladimir Putin e i settori più tradizionalisti e religiosi della società Russia, mostrando la volontà di andare avanti nel delineare la frattura di civiltà con l’Occidente definito “degenerato” al quale contrapporre un’idea di Russia come società tradizionale, baluardo dei valori cristiani.

La proposta di legge, come riportato [1] dalla TASS, agenzia di stampa ufficiale russa, è arrivata venerdì 17 novembre dal ministro della giustizia Čujčenko, il quale riteneva che le attività del movimento in Russia avessero elementi ascrivibili alle definizioni di estremismo così come descritto nell’articolo 1 della legge federale [2]. Nello specifico, secondo il ministro, il movimento LGBT russo avrebbe presentato elementi estremisti in relazione al sesto punto del primo paragrafo, attinente all’odio sociale e religioso.

In queste ore si sta discutendo parecchio su quali possano essere gli effetti diretti di tale decisione: quella di “movimento internazionale LGBT” è infatti solo un’etichetta dai confini indefiniti che Čujčenko adotta in ottica generalista. Igor Kochtekov, esponente di spicco del Russian LGBT Network, sostiene [3] che non vi dovrebbero essere conseguenze e arresti immediati; dopo tutto la legge che regola le misure anti-estremiste è parecchio rugginosa e costringe le autorità a effettuare numerosi passaggi prima di operare a detrimento di organizzazioni che essa stessa taccia come estremiste. Tale legge riflette insomma l’immensa macchina burocratica che regge la Federazione Russa, ma non per questo la disposizione della Corte Suprema va presa sotto gamba: proprio a causa della vaghezza con la quale il ministro della Giustizia si riferisce alla comunità LGBT, che in Russia non corrisponde ad alcuna entità reale, tale delibera potrebbe finire per includere qualsiasi genere di attività a favore dei diritti sociali.

La misura adottata ieri è solo l’ultimo dei tanti provvedimenti adoperati negli ultimi anni: il percorso di confinamento del movimento LGBT iniziò infatti a piantare le sue radici nel 2006, quando l’oblast di Ryazan promosse norme contro la propaganda nei confronti di minori. Tra il 2011 e il 2013 furono altre undici le regioni che si accodarono a Ryazan. La svolta più netta avvenne nel 2013, quando la legge inizialmente lanciata da autorità locali venne adottata dall’intera federazione; a essa seguirono una serie di operazioni di contrasto all’organizzazione di eventi pubblici e attacchi alla comunità queer che, per quanto non promossi direttamente dalla legge in sé e per sé, iniziarono a normalizzare gli episodi di violenza. Da quel momento, l’iperbole continuò a crescere, arrivando, nel 2022, alla messa al bando della propaganda nei confronti di persone di qualsiasi età e, questo luglio, di ogni operazione di chirurgia di conferma del genere.

Al di là della questione di natura sociale e civile, non va sottovalutato il peso politico che una simile risoluzione in questo momento storico. La messa al bando delle attività LGBT va infatti inquadrata nella più ampia svolta reazionaria di Putin, sempre più vicino al pensiero del filosofo Aleksandr Dugin, un anno fa al centro di un accesissimo caso di cronaca in quanto bersaglio di un attentato [4] che ha portato alla morte della figlia. Le stesse dichiarazioni di Putin [5] riguardo alle questioni di genere si sono inasprite parallelamente al suo graduale accostamento all’ideologo. Per questo il provvedimento della Corte Suprema va analizzato attraverso uno studio sull’ideologia che sta dietro le mosse del Presidente russo. La lotta della Russia, eterna Roma, contro l’Occidente, eterna Cartagine, teorizzata da Dugin è infatti in primo luogo uno scontro tra due realtà contrapposte e fortemente distinte, e il terreno dei diritti LGBT non è che uno dei tanti campi di battaglia.

[di Dario Lucisano]