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Università, i docenti italiani si schierano: in 4.000 chiedono il boicottaggio di Israele

Oltre quattromila accademici italiani hanno sottoscritto una lettera [1], indirizzata al ministro per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale Antonio Tajani e alla ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, per chiedere “un’urgente azione per un cessate il fuoco immediato e il rispetto del diritto umanitario internazionale”. Gli accademici, provenienti da Dipartimenti e Istituti di tutta Italia, riportano infatti come sia “dovere individuale, comunitario e accademico, dissociarsi dalle posizioni finora intraprese dal governo del nostro Paese, ed assumerci la responsabilità di azioni e richieste per contrastare il crescente livello di violenza al quale stiamo assistendo impotenti”.

“Come docenti, ricercatori e ricercatrici della comunità accademica e di ricerca italiana, da molti anni assistiamo con dolore e denunciamo ciò che accade in Palestina e Israele, dove vige, secondo Amnesty International, un illegale regime di oppressione militare e Apartheid” scrivono gli accademici nella lettera, che aggiungono come le azioni di Israele si configurino “come una punizione collettiva contro la popolazione inerme e imprigionata in un territorio di poco più di 360 km2″. Inoltre, “Il governo israeliano ha intimato ad oltre un milione di abitanti nella striscia di lasciare le loro case in vista di un attacco da terra, sapendo che non vi sono via di fuga e via di uscita dalla Striscia di Gaza. Molti di questi sfollati sono stati poi bombardati nelle “zone sicure” del sud della Striscia di Gaza, rivelando un chiaro intento di pulizia etnica da parte del governo israeliano”.

“Questa situazione ha reso ancora più grave e urgente la crisi sanitaria e umanitaria all’interno della Striscia di Gaza, già al collasso ben prima del 7 ottobre 2023 per via dei 16 anni di quasi totale embargo e assedio illegale imposto dall’esercito israeliano su Gaza. Assedio ed embargo che il governo israeliano ha inasprito dal 7 ottobre, imponendo un blocco totale di beni essenziali per la sopravvivenza quali acqua, carburante, cibo e elettricità. All’interno di questa catastrofe umanitaria e sanitaria senza precedenti, anche per le Nazioni Unite e per le organizzazioni internazionali risulta pressoché impossibile operare a supporto della popolazione civile. L’Association Jewish for Peace ha chiamato tutte “le persone di coscienza a fermare l’imminente genocidio dei palestinesi”. Già il 25 ottobre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato di non essere in grado di distribuire carburante e forniture sanitarie essenziali e salvavita agli ospedali nel Nord di Gaza per via dei continui bombardamenti israeliani. La quantità di beni di prima necessità e soccorso che Israele ha permesso di far transitare a Gaza il 21 ottobre è stata dichiarata sufficiente a mantenere in funzione solo alcuni ospedali e ambulanze per poco più di 24 ore”. L’escalation di violenza, sottolineano i docenti, “si è estesa anche in Cisgiordania, con violenze e aggressioni quotidiane, numerose vittime ed espulsioni di intere famiglie dalle loro case e terre”.

“Tutto questo costituisce una evidente violazione del Diritto Internazionale e della Convenzione di Ginevra. In tutti i report messi a disposizione dalle Nazioni Unite e dalle numerose organizzazioni umanitarie (ad esempio Amnesty International e Human Rights Watch), è segnalata l’importanza di considerare e comprendere le determinanti e antecedenti a questa violenza, da ricercarsi nella illegale occupazione che Israele impone alla popolazione palestinese da oltre 75 anni, attraverso una forma di segregazione razziale ed etnica. Comprendere e analizzare queste determinanti è l’unica possibilità per poterne riconoscere le radici, contrastare l’escalation e sperare e reclamare pace e sicurezza per tutti. È fondamentale ricordare come riconoscere il contesto da cui nasce quest’ultima ondata di violenza non significa sminuire il dolore e la sofferenza delle vittime israeliane e palestinesi, ma costituisce il cruciale impegno per sostenere la dignità, la salute ed i diritti umani di tutte le parti coinvolte. È possibile e necessario condannare le azioni di Hamas e, al contempo, riconoscere l’oppressione storica, disumana e coloniale che i palestinesi stanno vivendo da 75 anni”.

Per questo motivo, ai ministri vengono sottoposte le seguenti richieste: “al Ministro Antonio Tajani di adoperarsi diplomaticamente e pubblicamente per l’urgente rispetto del diritto umanitario internazionale da parte di tutte le parti e la condanna dei crimini di guerra e l’immediato cessate il fuoco, la fornitura di aiuti umanitari e la protezione delle Nazioni Unite per l’intera popolazione palestinese” e “alla Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini di farsi pubblicamente portatrice delle nostre rivendicazioni nelle apposite sedi istituzionali”.

In aggiunta a ciò, i docenti sottolineano anche ” la necessità anche da parte della CRUI e dei singoli Atenei di non limitarsi a sostare in una dolorosa impotenza ma di agire con tutte le azioni necessarie e possibili nei singoli contesti. Come studiosi e studiose del mondo universitario italiano guardiamo con preoccupazione alla diffusione di misure di limitazione della libertà di dibattito e di delegittimazione delle richieste di cessazione della violenza. Chiediamo quindi di ribadire l’impegno per la libertà di parola e garantire il diritto degli e delle studenti delle università italiane al dibattito, e di favorire momenti di dibattito e discussione all’interno degli atenei. Chiediamo inoltre di pronunciarsi con chiarezza sulla necessità da parte dei singoli atenei italiani di procedere con l’interruzione immediata delle collaborazioni con istituzioni universitarie e di ricerca israeliane fino a quando non sarà ripristinato il rispetto del diritto internazionale e umanitario, cessati i crimini contro la popolazione civile palestinese da parte dell’esercito israeliano e quindi fino a quando non saranno attivate azioni volte a porre fine all’occupazione coloniale illegale dei territori palestinesi e all’assedio di Gaza”.

In conclusione, “Crediamo che queste azioni siano irrimandabili sia per contribuire a ripristinare i diritti umani e la giustizia globale sia per non continuare ad essere spettatori conniventi e silenziosi di una tragedia umanitaria e della cancellazione del popolo palestinese”.

[di Valeria Casolaro]