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Funzionari americani rivelano che fu l’Ucraina a sabotare il gasdotto Nord Stream

Dopo più di un anno dal sabotaggio dei gasdotti Nord Stream [1], arriva la prima accusa diretta dagli alleati occidentali di Kiev: non solo fu l’Ucraina a comandare l’attacco, ma c’è anche nome e cognome dell’ufficiale delle forze speciali che partecipò all’operazione. Fu Roman Chervinsky, un colonnello di 48 anni delle forze armate ucraine per le operazioni speciali, attualmente in carcere. Lo rivela il Washington Post, che cita funzionari americani ed europei anonimi a conoscenza del dossier. L’ufficiale, scrive il giornale, ha gestito la logistica ed il supporto ad un team di circa sei persone che ha poi piazzato l’esplosivo sotto al gasdotto, e non avrebbe agito da solo: Chervinsky avrebbe preso ordini da funzionari ucraini sotto la guida diretta del generale Valery Zaluhny, il comandante in capo delle forze armate di Kiev. Cinque mesi fa Zelensky diceva «niente del genere è stato fatto dall’Ucraina, mostratemi le prove», ora è arrivato il dossier.

Secondo i funzionari, che hanno rilasciato [2] dichiarazioni e dettagli delicati a condizione di anonimato, il colonnello Roman Chervinsky avrebbe coordinato l’operazione gestendo il supporto e la logistica per una squadra di sei persone che, noleggiando una barca a vela sotto falsa identità e utilizzando attrezzature per immersioni subacquee, ha piazzato le cariche esplosive sui gasdotti, che sono saltati il 26 settembre 2022. Il tutto prendendo ordine da alti funzionari ucraini che facevano capo al generale Valery Zaluhny, l’ufficiale militare di grado più alto dell’Ucraina. Tramite il suo avvocato, Chervisnky ha negato qualsiasi coinvolgimento nel sabotaggio dei gasdotti: «Tutte le speculazioni sul mio coinvolgimento nell’attacco al Nord Stream vengono diffuse dalla propaganda russa senza alcuna base», ha scritto il colonnello in una lettera al Washington Post e Der Spiegel, che hanno condotto un’indagine congiunta sul ruolo del militare. Tuttavia, secondo il WP, diversi portavoce del governo ucraino “non hanno risposto ad una serie di domande sulla partecipazione di Chervinsky”.

Una cosa è certa: se l’Ucraina ha effettivamente coordinato l’operazione, lo ha fatto tramite esperti di intelligence e operazioni speciali, e Chervinsky per questo sarebbe stato perfetto. Dallo scoppio del conflitto con la Russia, il militare ha prestato servizio in un’unità delle operazioni speciali ucraine concentrandosi sull’attività di resistenza nelle aree del Paese occupate. Ha ricoperto incarichi di rilievo nell’agenzia di intelligence militare e nella SBU, il servizio di sicurezza dell’Ucraina. Come ammesso da Chervinsky stesso nella lettera al Washington Post e Der Spiegel, nel 2020 ha supervisionato un’operazione segreta che mirava ad attirare i combattenti del gruppo Wagner in Bielorussia per poi catturarli e portarli in Ucraina per affrontare le accuse e ha anche affermato di aver “pianificato ed implementato operazioni per uccidere leader separatisti filo-russi in Ucraina e per rapire un testimone che potrebbe corroborare il ruolo della Russia nell’abbattimento del volo 17 della Malaysia Airlines”. Chervinsky si trova in carcere da aprile con l’accusa di aver abusato a luglio 2022 del suo potere per aiutare un pilota russo a disertare volando oltre il confine. L’operazione avrebbe rivelato le coordinate di un campo d’aviazione di Kiev, poi attaccato da missili russi che uccisero un soldato e ne ferirono altri 17. Accuse sempre respinte da Chervinsky, che ha parlato di “punizione” nei suoi confronti per le critiche rivolte [3] al presidente Zelensky e alla sua amministrazione: «L’operazione ha coinvolto l’unità del Servizio di sicurezza dell’Ucraina, l’Aeronautica, le Forze per le operazioni speciali e approvata dal comandante in capo Valery Zaluzhny».

Fin dall’inizio [4], alcune testate avevano fatto notare come fosse difficile pensare che Mosca avesse potuto sabotare i suoi stessi gasdotti costati peraltro miliardi e miliardi di euro e L’Indipendente stesso aveva pubblicato un lungo articolo [4] in cui si spiegava chi erano i maggiori beneficiari della detonazione. Da lì, le prove emerse hanno puntato verso una direzione ben precisa, che di certo non è russa. Già a giugno, gli investigatori tedeschi accusavano Kiev: il sabotaggio sarebbe avvenuto con il coinvolgimento di uno yacht noleggiato in un porto tedesco appartenente ad una società con sede in polonia e facente capo a soggetti ucraini. Il tutto mentre, sempre a giugno, il Washington Post riportava [5] che gli Stati Uniti sarebbero stati informati di un progetto per il sabotaggio tre mesi prima delle esplosioni. Esattamente un mese dopo, gli inquirenti tedeschi hanno confermato [6] di aver trovato “esplosivo compatibile con l’esplosione sullo yacht”. Ora spuntano le dichiarazioni di funzionari anonimi europei ed americani che, di certo, saranno più difficili da collegare alla propaganda del Cremlino.

[di Roberto Demaio]