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Commissione d’inchiesta Covid, nuovo rinvio: il testo dovrà tornare alla Camera

L’Aula del Senato ha dato l’ok all’istituzione [1] di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid e sulle misure adottate al fine di prevenirla e affrontarla. Il semaforo verde è arrivato con 94 voti favorevoli, 64 contrari e nessun astenuto. Il provvedimento aveva ottenuto precedentemente il via libera della Camera dei Deputati, ma dovrà tornare a Montecitorio perché, dopo il monito da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a non sovrapporre l’attività del Parlamento ai giudizi espressi dalla magistratura, ha subito una serie di modifiche in commissione Affari sociali: sulla base del nuovo testo, infatti, la Commissione non potrà svolgere indagini sullo Stato di emergenza, sui Dpcm e sulle restrizioni, che ai tempi furono presi di mira dalle forze politiche ora al governo. In Aula, invece, gli emendamenti presentati sono stati tutti respinti. Ha votato sì insieme alle forze di maggioranza Italia Viva, ma non Azione, che al Senato ha ufficialmente “divorziato” dal partito guidato Matteo Renzi. Quest’ultimo, dai banchi di Palazzo Madama, sulla gestione dell’emergenza pandemica ha sferrato un duro attacco contro l’ex premier Giuseppe Conte, che ha distanza ha replicato di non avere «nulla da nascondere».

Le modifiche [2] che hanno reso necessario il nuovo rinvio al Senato sono tutt’altro che secondarie. In primis, è stata in parte stralciata la lettera t) dell’art.3, dal cui nuovo dettato emerge che la Commissione non sarà più chiamata a individuare “eventuali obblighi e restrizioni carenti di giustificazione in base ai criteri della ragionevolezza, della proporzionalità e dell’efficacia, contraddittori o contrastanti con i princìpi costituzionali”, ma solo ad esaminare “le misure di contenimento adottate dal Governo nelle fasi iniziali e successive della pandemia”, valutando se esse “fossero fornite di adeguato fondamento scientifico, anche eventualmente attraverso la valutazione comparativa con la condotta seguita da altri Stati europei e con i risultati da essi conseguiti”. Parallelamente, con l’eliminazione della lettera v) dello stesso articolo, la Commissione non potrà più “verificare e valutare la legittimità della dichiarazione dello stato di emergenza e delle relative proroghe nonché dell’utilizzo dello strumento della decretazione d’urgenza”. Altra modifica saliente riguarda l’art. 5, che concerne l’“Acquisizione di Atti e documenti”: se sulla base della prima stesura la Commissione avrebbe avuto la possibilità di esaminare atti e documenti coperti da segreto di indagine, in seguito alla trasformazione del testo non potrà più farlo. Non sembra essere un caso che tali modifiche siano intervenute dopo la “sgrammaticatura istituzionale” di cui, lo scorso luglio, si era reso protagonista il capo dello Stato Sergio Mattarella, il quale aveva pubblicamente espresso preoccupazione per le «iniziative di inchieste con cui si intende sovrapporre l’attività del Parlamento ai giudizi della Magistratura».

L’unica forza di opposizione che si è allineata alla maggioranza per l’istituzione della commissione d’inchiesta è stata Italia Viva. «Noi avevamo già chiesto la Commissione e per questo ovviamente voteremo a favore – ha detto il suo leader Matteo Renzi intervenendo in aula nella cornice delle dichiarazioni di voto -. Votiamo a favore perché si faccia tesoro degli errori perché è stato fatto un uso propagandistico del comitato tecnico scientifico e perché un paese che non pensa alle scuole e al danni sui nostri ragazzi è un paese che è in declino». Le altre forze politiche di opposizione, invece, protestano contro una mossa che giudicano un’operazione politica, nella misura in cui ad essere oggetto delle indagini della Commissione sarà l’operato del governo centrale, mentre verranno lasciate fuori le responsabilità e le decisioni prese dalle autorità regionali. «È stata proprio la maggioranza a non voler rivolgere l’analisi della commissione sui sistemi sanitari regionali – ha dichiarato [3] Stefano Patuanelli, l’ex ministro pentastellato dello Sviluppo Economico del governo Conte II –. È chiaro che la nostra posizione, nel chiedere che le Regioni fossero incluse, è stata strumentale ma seria: volevamo evidenziare la totale discrasia tra quello che il centrodestra diceva in Aula, cioè che noi abbiamo qualcosa da nascondere, e il fatto che fossero loro a voler nascondere dei difetti regionali». «Non abbiamo nulla da nascondere, sono andato a testa in alta in tribunale a rispondere delle ipotesi accusatorie e ne sono uscito a testa alta. Vogliamo una commissione seria, che ci spieghi come e perché ci siamo ritrovati ad affrontare la pandemia a mani nude dopo anni e anni di governi che hanno tagliato la spesa sanitaria, condizione in cui stiamo tornando», ha invece commentato [4] l’ex primo ministro Giuseppe Conte.

[di Stefano Baudino]