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L’ONU contro Israele: “Hamas non è nata dal nulla, fermare l’occupazione”

Ieri al Palazzo di vetro è andato in scena uno scontro senza precedenti tra il segretario generale Antonio Guterres e Israele, rappresentata dall’ambasciatore israeliano Gilad Erdan: Guterres, infatti, ha duramente condannato le «chiare violazioni del diritto umanitario internazionale» da parte di Tel Aviv che si stanno consumando nella Striscia insistendo con la richiesta di «un cessate il fuoco umanitario», che Israele ha più volte rifiutato. Tel Aviv, infatti, mettendo in stato di assedio l’enclave palestinese e bombardando edifici civili [1] sta chiaramente violando il diritto di guerra internazionale. Guterres, inoltre, ha preso espressamente le parti del popolo palestinese quando ha detto che «è importante riconoscere che gli attacchi di Hamas non sono arrivati dal nulla. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione», aggiungendo che «le sofferenze del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas», ma anche che quegli stessi attacchi a loro volta «non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese». Poche parole – strettamente aderenti ai fatti drammatici che si stanno svolgendo ormai da settimane nella Striscia – che sono bastate a scatenare l’ira di Israele: Erdan ha invitato Guterres a dimettersi, mentre il ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, ha rifiutato di incontrarlo.

«Un segretario generale dell’Onu che mostra comprensione per la campagna di sterminio di massa di bambini, donne e anziani non è adatto a guidare l’Onu. Lo invito a dimettersi immediatamente», ha affermato [1] il rappresentante israeliano. «Non c’è alcun senso – ha proseguito – nel parlare con coloro che mostrano compassione per le più terribili atrocità commesse contro i cittadini di Israele e il popolo ebraico. Semplicemente, non ci sono parole». Cohen, invece, ha comunicato tramite X che «Non incontrerò il segretario generale dell’Onu. Dopo il 7 ottobre non c’è spazio per un approccio equidistante. Hamas deve essere cancellato dal mondo». Lo stesso ha poi aggiunto che se non agisce, «l’Europa sarà la prossima ad essere colpita da Hamas». Dal canto loro, gli Stati Uniti si sono prontamente schierati a fianco di Israele, attraverso il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale americana John Kirby: «La responsabilità del 7 ottobre è di Hamas, solo di Hamas. Non di Israele, né dei civili innocenti» ha commentato. Del resto, gli USA sono stati l’unico membro del Consiglio di sicurezza a votare contro [2] una risoluzione che chiedeva un cessate il fuoco per permettere aiuti umanitari a Gaza: gli USA rappresentano, infatti, il pilastro degli interessi israeliani all’ONU.

È di oggi, inoltre, la notizia che lo Stato sionista negherà [3] il visto di ingresso a funzionari delle Nazioni Unite dopo l’intervento di ieri del segretario generale Antonio Guterres: «Viste le sue parole, negheremo il rilascio dei visti ai rappresentanti dell’ONU. Del resto, abbiamo già rifiutato il visto al sottosegretario per gli affari umanitari Martin Griffiths. E’ arrivato il tempo di dare loro una lezione», ha detto Erdan alla Radio Militare.

Lo scontro tra Tel Aviv e le Nazioni Unite arriva dopo settimane in cui la tensione era già alta, in quanto l’organismo internazionale ha più volte chiesto al governo dello Stato ebraico di permettere l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, comprese le forniture di carburante, cosa che Israele ha sempre impedito. Inoltre, il capo dell’ONU ha esplicitamente condannato i raid dell’aviazione israeliana sia nel nord che nel sud della Striscia. Nonostante ciò, le Forze di Difesa israeliane (IDF) hanno continuato ad intensificare gli attacchi colpendo soprattutto vittime civili.

Intanto, continua ad aumentare senza sosta il numero dei palestinesi uccisi dai bombardamenti: secondo il ministero della Sanità di Gaza, quattro giorni fa il numero dei morti ammontava a 4.385 di cui 1756 bambini e 976 donne. I feriti sono 13.561. A questi numeri si aggiungono poi le 704 vittime provocate solo nelle ultime 24 ore dai raid israeliani. Se, dunque, l’attentato del 7 ottobre ha provocato un genocidio del popolo israeliano con 1400 vittime, allo stesso tempo, la mattanza prolungata e indefinita del popolo palestinese ha ampiamente superato quella del popolo ebraico, in un vortice di violenza che non porterà alla risoluzione di un conflitto ultradecennale, ma accrescerà solo l’odio, aumentando morte e sofferenza. L’unica strada per la pace in Palestina passa, infatti, attraverso la creazione di due Stati: una soluzione però che soprattutto l’attuale presidente israeliano e il suo partito, il Likud, hanno più volte mostrato di non perseguire realmente. Alla luce di questi fatti, non appaiono quindi fuori luogo le parole del capo dell’ONU che chiede nient’altro che il rispetto del diritto umanitario internazionale e un cessate il fuoco per porre fine al massacro della popolazione di Gaza.

[di Giorgia Audiello]