- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

Nobel per la Medicina 2023 per i vaccini contro il Covid: un premio più che mai politico

L’assegnazione del Premio Nobel per la medicina 2023 all’ungherese Katalin Karikó di 68 anni e all’americano Drew Weissman di 64, per aver messo a punto il metodo dell’Rna usato per i vaccini contro il Covid, risulta quanto meno controversa e richiede, dunque, alcune riflessioni, considerato che si tratta di una tecnologia ancora in fase di sperimentazione e della quale non si conoscono ancora gli effetti a lungo termine. Non solo: negli ultimi mesi sono emersi diversi studi a livello internazionale che sottolineano la correlazione tra i farmaci a mRna e diverse patologie, tra cui miocarditi, pericarditi e paralisi di Bell, mentre è ormai assodato che le stesse case farmaceutiche hanno ammesso che i vaccini Covid-19 non impediscono il contagio, ma – in alcuni casi – evitano l’aggravarsi della malattia. Insomma, mentre il dibattito all’interno del mondo scientifico è ancora aperto e gli studi sugli effetti avversi sono tutt’altro che conclusi, l’assegnazione del Nobel per la Medicina agli inventori del vaccino a mRna ha tutta l’aria di essere un modo per serrare il dibattito intorno all’efficacia e alla sicurezza di questi farmaci, grazie alla “santificazione scientifica” conferita dal prestigioso riconoscimento dell’Accademia svedese, che però non è esente da interessi e pressioni politiche.

L’Assemblea Nobel ha giustificato l’attribuzione del premio ai due ricercatori, sostenendo [1] che «grazie a loro milioni di vite sono state salvate e il mondo è tornato ad aprirsi». Da ricordare però come centinaia di medici denigrati dal coro mediatico e ignorati dalla politica abbiano applicato protocolli domiciliari di cura e terapie alternative che sono state velocemente archiviate e ritenute sbrigativamente non efficaci senza svolgere solide ricerche e sperimentazioni. Il tutto ha lasciato come unica soluzione quella della vaccinazione a mRna sulla quale da anni le case farmaceutiche hanno investito ingenti risorse. Gli stessi Karikò e Weissman durante le loro ricerche – in corso dagli anni Novanta – sono riusciti ad attirare pochi finanziamenti: i due avevano fondato nel 2007 la RNARx che si era assicurata solo alcuni modesti finanziamenti da parte del governo americano (circa 97.000 dollari), e in seguito aveva dovuto fare i conti con diversi esperimenti falliti, con la competizione all’interno dell’ambito scientifico e soprattutto col business. Dopo aver speso senza risultati altri 800.000 dollari di finanziamenti, i due ricercatori hanno chiuso il laboratorio e Karikò decise di collaborare con le multinazionali del farmaco entrando in BionTech. Si configurano così anche potenziali conflitti d’interesse, essendo la ricercatrice non solo docente e medico, ma anche consulente di un colosso farmaceutico che nel 2021, grazie ai farmaci a mRna, aveva fatturato sei miliardi di euro.

Ma i conflitti di interesse non si fermano qui: secondo alcune fonti [2], infatti, il Karolinska Institutet – l’Università medica svedese il cui Comitato seleziona ogni anno i vincitori del Premio Nobel per la medicina – sarebbe stato finanziato, tra gli altri, dalla Fondazione Bill & Melinda Gates che, dal 2010, avrebbe elargito all’istituto circa un milione e 714 mila dollari. La fondazione Gates ha finanziato la ricerca sui vaccini a mRna di Moderna ed è sponsor di Gavi, l’alleanza internazionale per i vaccini, e di Covax. Proprio a causa dello spiccato interesse della Fondazione per i vaccini e la tecnologia a mRna, si tratta di elargizioni che potrebbero certamente avere influenzato la scelta per l’assegnazione del Nobel.

Non è la prima volta, del resto, che il premio istituito nel 1901 dall’inventore della dinamite, Alfred Nobel, viene piegato alle logiche politiche e ai criteri ideologici occidentali, assumendo così i connotati di uno strumento atto a legittimare nell’opinione pubblica l’operato del potere e, in questo caso, delle multinazionali del farmaco occidentali. Uno dei casi più emblematici al riguardo è quello del conferimento del Premio Nobel per la Pace all’ex presidente americano Obama: un premio che stride pesantemente con l’operato dell’ex inquilino della Casa Bianca che ha autorizzato [3] interventi militari in Libia, Iraq, Siria, Afghanistan e Pakistan durante il suo mandato, solo per citarne alcuni, ed è stato in prima linea in Libia con l’invio di caccia statunitensi nell’operazione militare contro Gheddafi, di cui il continente europeo sconta ancora oggi gli effetti sul piano migratorio e della politica energetica. Inoltre, l’ex presidente progressista ha scatenato una guerra dei droni in Somalia che ha mietuto centinaia di morti e ha ricevuto il Premio Nobel per la pace dopo nemmeno un anno dal suo insediamento. Il che lascia supporre che il conferimento del Premio sia stata più un’operazione politica – per tesserne l’immagine di presidente “illuminato” del XXI secolo – che un effettivo riconoscimento per il suo operato da presidente.

Non per nulla, l’ambito riconoscimento internazionale assume sempre di più i risvolti di un premio politico su cui pesano le pressioni del mondo farmaceutico e finanziario occidentale. La definitiva “consacrazione” della tecnologia a mRna, del resto, conferisce il via libera ai futuri farmaci a mRna su cui l’industria sta investendo altri milioni di dollari e che rappresentano – secondo i suoi fautori – la medicina del futuro, sebbene non si abbiano ancora informazioni certe sulla sicurezza a medio e lungo termine di questa tipologia di farmaci. È necessario quindi inquadrare il conferimento del Premio all’interno del contesto scientifico, politico e culturale occidentale che risponde a criteri parziali e a interessi economici ben precisi.

[di Giorgia Audiello]