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Emilia-Romagna a tutto cemento: cancellata la valutazione ambientale strategica

Con un colpo di coda in piena estate, la giunta regionale dell’Emilia-Romagna ha approvato una delibera che toglie competenza all’Agenzia ambientale regionale (ARPAE), un organismo tecnico e indipendente che di fatto non potrà più pronunciarsi sulle valutazioni ambientali strategiche dei piani urbanistici comunali. Si annulla, dunque, il lavoro di geologici, agronomi o biologi, il cui parere risultava fondamentale nell’approvazione degli interventi di trasformazione del territorio. Una decisione che strizza l’occhio a cementificazione e consumo di suolo indiscriminati, tratti ormai tipici delle città postmoderne nonché complici nei disastri ambientali, come l’alluvione [1] che a maggio ha colpito proprio l’Emilia-Romagna. Un evento che non ha fatto desistere la maggioranza guidata dal presidente Stefano Bonaccini dal prendere una decisione destinata a far parlar di sé, optando per una delibera che ha permesso di bypassare l’iter legislativo del Consiglio regionale.

Come scritto [2] da Paolo Pileri, ordinario di pianificazione territoriale al Politecnico di Milano, su Altreconomia, la delibera della giunta Bonaccini «ha voluto con le sue mani abbattere altri argini, gli unici rimasti a frapporsi tra le ragioni della natura e del suolo e gli artigli del cemento: quelli cioè della valutazione ambientale strategica». Italia Nostra, un’associazione di salvaguardia dei beni culturali, artistici e naturali, ha scritto una lettera al presidente Stefano Bonaccini invitandolo ad annullare la delibera varata [3] il 7 agosto, nel pieno dell’estate, quando la presa dell’opinione pubblica tende ad allentarsi. L’atto del governo regionale va a spazzare via quanto previsto dalla legge regionale 24/2017, che prevede l’acquisizione, da parte dell’ente che intende realizzare un piano urbanistico, del parere dell’ARPAE. L’Agenzia ambientale regionale, che si arricchisce del parere di esperti quali agronomi, biologici o geologi, si esprime in merito alla sostenibilità ambientale del progetto, correggendolo (o respingendolo) in caso di bisogno.

Nella delibera si legge che “nei procedimenti di approvazione dei piani urbanistici comunali e delle loro varianti attivati ai sensi della L.R. n. 24/2017, la previa istruttoria di ARPAE ai fini del rilascio del parere motivato di Valsat da parte della Città metropolitana di Bologna e delle Province non è dovuta”. Le valutazioni relative alla sostenibilità ambientale dei progetti di trasformazione del territorio resteranno dunque prerogativa degli enti minori che, come sottolinea Paolo Pileri, «hanno meno “expertise” ecologico-ambientali rispetto ai tecnici di Arpae e, sappiamo tutti, sono affaticate da un processo di depotenziamento amministrativo dopo l’infelice riforma del governo Renzi».

La decisione della giunta Bonaccini arriva a pochi mesi dall’alluvione che ha devastato l’Emilia-Romagna, un evento favorito tra le altre cose proprio dal selvaggio consumo di suolo praticato in Italia. La cementificazione, infatti, impermeabilizza le superfici, il che interrompe la ricarica delle falde acquifere oltre a favorire gli allagamenti. Secondo i dati ISPRA, nel 2021 la media è stata di 19 ettari di suolo persi al giorno, vale a dire il valore più alto degli ultimi 10 anni. Sono 21.500 i km² di suolo cementificati in tutto il Paese e soltanto gli edifici occupano una superficie pari alla Liguria (5.400 km²).

[di Salvatore Toscano]