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La banda Zelenski si mangia gli aiuti militari: rimosso il ministro della Difesa

Ieri sera, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha comunicato ufficialmente di aver fatto saltare la poltrona del ministro della Difesa di Kiev, Oleksiy Reznikov, che era stato accusato di essere coinvolto in un caso di corruzione su alcune forniture militari a prezzo gonfiato. Il suo posto sarà preso da Rustem Umyerov, attualmente al vertice del Fondo del Demanio di Stato. Reznikov, che oggi ha annunciato [1] le sue dimissioni al Parlamento, potrebbe essere riciclato come ambasciatore nel Regno Unito. Al computo degli scandali di corruzione che ciclicamente hanno investito l’Esecutivo ucraino, provocando la decimazione di molti dei suoi più illustri componenti, si aggiunge quindi un nuovo tassello. E l’ennesima “purga” da parte di Zelensky.

«Oleksiy Reznikov ha attraversato più di 550 giorni di guerra su vasta scala. Credo che il Ministero abbia bisogno di nuovi approcci e di altri formati di interazione sia con le forze armate che con la società nel suo insieme. Il Ministero è ora guidato da Rustem Umyerov», ha dichiarato [2] Zelensky. Il ruolo ritagliatosi nel contesto del conflitto russo-ucraino dall’avvocato 57enne, che ha ricoperto la carica di Ministro della Difesa dal novembre 2021 e ora ha perso il posto, è stato estremamente significativo. Reznikov, infatti, è stato continuativamente e intensamente impegnato nell’esortare gli alleati di Kiev a fornire all’Ucraina un quantitativo sempre più ingente di armi, inclusi sistemi di difesa aerea Patriot statunitensi, carri armati pesanti e obici. Recentemente, è stato in prima linea nella richiesta degli F-16: in seguito all’autorizzazione americana a Danimarca e Paesi Bassi per il trasferimento dei jet a Kiev, Reznikov aveva anche scritto [3] su Twitter: “sembra che Babbo Natale esista”.

Molto presto, però, il suo dicastero è stato colpito da gravi scandali legati alla corruzione. Lo scorso gennaio, il suo vice Vyacheslav Shapovalov si era dimesso dopo le accuse secondo cui il Ministero avrebbe firmato contratti di fornitura alimentare a prezzi da due a tre volte superiori a quelli di mercato. Reznikov era invece rimasto al suo posto. Ma il terremoto si era allargato, investendo anche altri rami dell’Esecutivo. Negli stessi giorni, infatti, il viceministro delle Infrastrutture, Vasyl Lozynskiy, era stato arrestato [4] su mandato dell’Ufficio nazionale anticorruzione, che lo aveva accusato di aver accettato, dal settembre 2022, l’equivalente di 400mila dollari di tangenti su appalti riguardanti l’approvvigionamento di generatori di elettricità. Per storie legate ad assegnazioni truccate per favorire aziende “amiche” o al costo gonfiato della merce e dei servizi acquistati dai ministeri, si erano dimessi [5] a catena anche il vicecapo dell’Ufficio presidenziale, Kyrylo Tymoshenko, il viceministro della Politica Sociale, Vitaliy Muzychenko, i viceministro per lo Sviluppo della Comunità, Ivan Lukerya e Vyacheslav Negoda, i vicecapo del Servizio statale dei Trasporti Marittimi e Fluviali, Anatoliy Ivankevych e Viktor Vyshnyov, nonché il del viceprocuratore generale, Oleksiy Simonenko.

Che il fenomeno corruttivo, originato dall’ondata incontrollata di liberalizzazioni dopo la caduta dell’Unione Sovietica, abbia rappresentato in questi decenni e ancora rappresenti un vero e proprio cancro per l’Ucraina non è affatto una novità, così come non lo sono le gigantesche ombre sugli ambigui rapporti tra grossi pezzi delle istituzioni statali e quegli “oligarchi” che sono riusciti a ottenere il monopolio di settori strategici dell’economia. Nonostante questo, l’Europa sembra voler accelerare le operazioni di ingresso di Kiev nell’Unione. l’Ucraina ha presentato domanda di adesione all’Ue nel febbraio 2022, ottenendo nel giugno 2022 lo status di paese candidato all’adesione. A dicembre si terrà il summit Ue-Balcani occidentali in cui verrà presa una posizione sull’apertura dei negoziati per l’adesione dell’Ucraina. Che, secondo il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dovrà [6] entrare nell’Ue insieme ai sei Stati dei Balcani Occidentali e alla Moldavia «entro il 2030».

[Stefano Baudino]