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Calcio femminile: numeri da record e tanti stereotipi ancora da superare

È iniziata il 20 luglio, con la partita inaugurale tra Nuova Zelanda e Norvegia, la nona edizione dei Mondiali di calcio femminile. Con nove sedi e 32 squadre partecipanti, il torneo si svolgerà in Australia e in Nuova Zelanda fino al prossimo 20 agosto, quando si giocherà la finale allo Stadio Olimpico di Sydney. Lo stadio di Auckland, che ha ospitato il primo match, è stato affollato da 42.137 spettatori, mentre la progressiva e rapida crescita del movimento è dimostrata anche dal montepremi di 110 milioni di dollari messo a disposizione per il mondiale. Un fenomeno ben visibile anche in Italia, dove crescono esponenzialmente in numero sia le squadre che le calciatrici tesserate, ma permangono d’altro canto una serie di limiti culturali dimostrati da diversi sondaggi condotti tra cittadini e sportive. 

Il primo match si è giocato all’Eden Park ed ha già stabilito un nuovo record di pubblico per il calcio (femminile e non) in Nuova Zelanda con 42.137 spettatori. Per la prima volta nella storia dei mondiali, inoltre, l’assegnazione al VAR del rigore che (a sorpresa) ha portato alla vittoria la Nuova Zelanda sulla Norvegia, è stata comunicata [1] con l’altoparlante a tutto lo stadio. Numeri da record anche per il montepremi complessivo che, in questa nuova edizione, ammonta a 110 milioni di dollari, segnando un notevole aumento rispetto ai soli 30 milioni offerti appena quattro anni fa, quando il torneo contava 24 squadre. La squadra vincitrice riceverà oltre 10 milioni di dollari, mentre le giocatrici saranno premiate individualmente con 270mila dollari ciascuna. Un sostanziale passo in avanti per le calciatrici, che finalmente vedranno diminuire il divario economico che da sempre distingue calcio maschile e femminile. 

Rispetto all’ultima edizione, disputata in Francia nel 2019, il numero di squadre partecipanti è aumentato da 24 a 32, equiparando così il numero di squadre presenti nelle ultime edizioni dei Mondiali maschili. Nel gruppo delle otto squadre esordienti troviamo Filippine, Vietnam, Marocco, Zambia, Irlanda, Portogallo, Haiti e Panama, mentre tra le favorite troviamo Stati Uniti (che hanno vinto la metà delle edizioni passate, compresa l’ultima), Inghilterra, Spagna, Germania e Francia. Oltre a queste, anche Svezia, Australia, Olanda e Brasile potrebbero riuscire a farsi spazio fino alla fine del torneo. L’Italia, in occasione della sua quarta partecipazione ai Mondiali, mira almeno ad eguagliare il risultato ottenuto nel 2019, quando raggiunse i quarti di finale. Le azzurrine esordiranno lunedì mattina contro l’Argentina, poi giocheranno il 29 luglio contro la Svezia e il 2 agosto contro il Sudafrica.

La crescita del movimento calcistico in Italia è evidente nei dati. Secondo quanto riportato dalla Federazione italiana giuoco calcio (FIGC), nella stagione sportiva 2021/22 i nuovi tesseramenti nel calcio femminile giovanile hanno raggiunto il numero storico di 11.278. Il numero complessivo di tesserate è aumentato del 94% tra il 2008 e il 2022. Una crescita che è andata di pari passo con quella dell’interesse del pubblico, testimoniato dalle presenza allo stadio, dagli ascolti televisivi ed anche dal seguito social di cui gode il calcio femminile, i cui 10 club più rappresentativi hanno tutti visto almeno raddoppiare i follower nell’ultimo anno.

Tuttavia, ci sono ancora forti resistenze legate alla percezione del calcio come uno sport prevalentemente maschile. Secondo quanto emerso da un sondaggio [2] svolto dall’istituto di ricerca Human Highway, quasi il 40% degli italiani reputa il dare calci a un pallone un’attività tipicamente maschile. Un uomo su dieci, inoltre, si “prenderebbe gioco” di una calciatrice. Anche tra i giovani intervistati, si riscontra una situazione ambivalente. Alla domanda “sosterrebbe una bambina che vuole giocare a calcio?”, un quarto del campione ha risposto che pensa ci siano altri sport più adatti e cercherebbe di farle cambiare idea. Un 15,3% dichiara apertamente che il calcio non è uno sport “da donne”. In generale, l’80% degli italiani vede con favore il desiderio di una bambina per il calcio, ma allo stesso tempo teme che possa subire qualche forma di discriminazione assecondando questa passione. L’Italia, insomma, anche nel calcio, ha ancora della strada da fare prima di diventare un Paese del tutto libero dagli stereotipi di genere.

[di Iris Paganessi]