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Le università italiane dovranno rendere pubblici i finanziamenti delle industrie fossili

Le università dovranno rendere pubblici i finanziamenti provenienti dall’industria fossile, nonché gli accordi relativi a didattica e ricerca. Si è conclusa con la sentenza del Consiglio di Stato la battaglia di studenti e associazioni ambientaliste che chiedevano una maggior chiarezza sulle sovvenzioni agli atenei. Nella sentenza, il massimo organo della giustizia amministrativa ha disposto che i finanziamenti fossili dovranno essere caratterizzati da “massima conoscibilità e trasparenza”. La decisione arriva al culmine di una serie di proteste che negli ultimi mesi hanno interessato La Sapienza, dove studenti e gruppi ambientalisti hanno manifestato contro i finanziamenti alla ricerca del colosso fossile italiano ENI. Dal 2021, il cane a sei zampe si oppone alla pubblicazione degli accordi con gli atenei: una presa di posizione condannata in primo luogo dal TAR del Piemonte e adesso dal Consiglio di Stato, che ne ha dichiarato l’illegittimità.

Nel 2021, Greenpeace ha cercato di consultare gli accordi realizzati dall’industria fossile con le università italiane in campo di didattica, ricerca e finanziamenti concessi. L’obiettivo era capire la loro influenza sugli esiti degli studi in materia ambientali prodotti dagli atenei. Di fronte alla richiesta di trasparenza è stato eretto un muro di silenzio e risposte parziali. Così, Greenpeace ha presentato un ricorso al TAR nei confronti del Politecnico di Milano e quello di Torino. Il primo è stato respinto, mentre il secondo è stato accolto. Per il TAR piemontese, così come per il Consiglio di Stato, “non può essere escluso che accordi o convenzioni tra un soggetto operante in ambito accademico e un’impresa notoriamente leader nel settore energetico rivestano interesse al fine di rendere pubblici e trasparenti gli indirizzi volti a produrre conseguenze in termini di scelte e politiche ambientali, che non si vede perché dovrebbero rivestire carattere di riservatezza”.

L’industria fossile non è la sola a pesare sulle logiche didattiche, influenzandole. Nell’ultimo mensile de L’Indipendente, dal titolo A mano armata [1], abbiamo evidenziato la presenza del settore delle armi nei luoghi del sapere. Il colosso italiano Leonardo ha creato negli anni una rete relazionale che conta più di 90 atenei e centri di ricerca, impegnati in circa 400 progetti. Leonardo è in buona compagnia: l’università di Firenze collabora da oltre 20 anni con l’Avio, incassando fondi in cambio di studi sullo scambio termico e combustione nei motori aeronautici. L’azienda torinese intrattiene ottime relazioni anche con il politecnico di Bari, a cui sono stati destinati 240mila euro del Fondo europeo per la difesa (EDF) per «aumentare il know-how nell’ambito della generazione efficiente di energia elettrica a bordo di velivoli».

[di Salvatore Toscano]