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Torino, gli operai chiedono condizioni di lavoro migliori: “aggrediti dalla polizia”

Alcune decine di operai dell’azienda agroalimentare Raspini di Scalenghe (Torino), che opera nel settore dei salumi e degli insaccati, hanno organizzato negli scorsi giorni un picchetto di fronte ai cancelli dell’impresa al fine di chiedere un aumento salariale, l’assunzione dei lavoratori interinali attualmente messi a disposizione da Adecco, il reintegro degli operai “ingiustamente licenziati per colpire il Cobas” e la fine delle “rappresaglie antisindacali” e delle “discriminazioni” verso i lavoratori. A poche ore dall’inizio della dimostrazione, è però andato in scena l’intervento dei carabinieri: presentatisi in tenuta antisommossa, hanno rimosso fisicamente gli operai, sollevandoli vigorosamente da terra, spintonandoli e trascinandoli con forza lontano dal cancello. I dimostranti hanno opposto una resistenza passiva, tenendosi l’uno con l’altro per creare una catena umana compatta e difficile da rompere. Molti di loro hanno riportato diverse abrasioni sulla schiena.

In un comunicato [1] di accompagnamento al video dello sgombero, diffuso sui social network, il sindacato intercategoriale Si Cobas, ha commentato così i fatti: “Lo sciopero è un diritto dei lavoratori, non un problema di ordine pubblico: gli operai non sono ‘criminali’ ma ‘lavoratori essenziali’ perché indispensabili per la società. Cambiano i governi, i salari rimangono fermi, avanza la guerra in Ucraina, continua la repressione di Stato contro i lavoratori: il padrone chiama, rispondono prefettura e questura con l’intervento di polizia e carabinieri in assetto antisommossa armati contro gli operai in sciopero che difendono diritti e posto di lavoro”. Il sindacato si è scagliato contro la “democrazia borghese”, che “con una mano garantisce la libertà dei padroni di sfruttare gli operai usando caporalato e contratti al ribasso per ricattare gli operaie sottopagandoli” e con l’altra “reprime la libertà sindacale dei lavoratori provando a impedire loro di organizzarsi sindacalmente sul luogo di lavoro e fare iniziativa sindacale”. I lavoratori coinvolti nelle proteste, chiude la nota, “chiedono massimo sostegno dal torinese e dal pinerolese: anche la solidarietà è un’arma, usiamola”.

L’ultima protesta al salumificio Raspini risaliva al 16 maggio ed era stata interrotta dopo un incontro, accompagnato da un presidio dei lavoratori in piazza Castello, avvenuto alla prefettura di Torino il 23 maggio. Le proteste, ha detto [2] Mahmoud Aboutabikh dei Si Cobas, sono ripartite in seguito a “un secondo licenziamento per noi ingiustificato”, dopo che “i lavoratori sindacalizzati sono stati colpiti da provvedimenti disciplinari” ed “è stato chiuso il reparto disosso per dirottare i lavoratori altrove”.

[di Stefano Baudino]