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Tangenti e corruzione sul Covid: arrestati ex capo delle dogane ed ex deputato leghista

Per i magistrati, esisteva un “pactum sceleris” tra l’ex parlamentare leghista Gianluca Pini e l’ex direttore generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, oggi assessore in Calabria, Marcello Minenna, da cui sarebbero sfociate azioni delittuose per l’ottenimento di reciproci vantaggi. È quanto emerge dalla maxi-inchiesta della Procura di Forlì e della Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, che ha portato 34 persone agli arresti domiciliari o in carcere e al sequestro di 63 milioni di euro. Sia Pini che Minenna sono stati arrestati e, tra gli altri soggetti raggiunti da misure cautelari, ci sono funzionari della Prefettura di Ravenna e dell’Ausl Romagna.

L’attuazione del patto criminale stretto [1] dalle due figure più note dell’inchiesta risalirebbe al contesto della pandemia. Secondo la ricostruzione della Procura, l’ex deputato del Carroccio – in Parlamento dal 2006 al 2018 – avrebbe promesso a Minenna di “accreditarlo all’interno della Lega” così che “venisse considerato un uomo di quel partito”, promettendogli inoltre “la conferma della nomina a direttore generale dell’Agenzia delle Dogane a seguito del cambio del governo, che effettivamente otteneva”. Conseguentemente, scrivono i pm, Minenna “accettava le promesse in cambio dell’asservimento della sua funzione pubblica”.

Pini avrebbe gestito “una rete di rapporti che gli ha permesso, tra l’altro, di ottenere un appalto milionario dall’Ausl Romagna”, che comprende i territori di 73 comuni, tra cui Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini, “per la fornitura di dispositivi medici (attività rispetto alla quale non sussisteva alcuna specifica attitudine aziendale) lucrando così anche sulla crisi pandemica del 2020“. Nel periodo Covid, infatti, Pini era passato dal settore della ristorazione a quello della fornitura di mascherine provenienti dalla Cina, accaparrandosi un appalto da 3,5 milioni di euro senza gara dalla Regione. Poiché le mascherine sarebbero state prive delle necessarie certificazioni, per questa vicenda si ipotizza per lui il reato di truffa. Proprio qui sarebbe risultato fondamentale il ruolo giocato da Minenna: secondo i pm, che parlano di “comprovati rapporti corruttivi” tra Pini e l’ex numero uno dell’Agenzia delle Dogane, la connivenza nell’importazione da parte dell’ente sarebbe stata determinante.

Attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali, svolte nel quadro di un’inchiesta partita da un sequestro di 28 chili di cocaina proveniente dal Belgio, gli investigatori hanno scoperto un “forte e consolidato rapporto personale e d’affari” tra un imprenditore forlivese attivo nel settore degli autotrasporti e Gianluca Pini, che “grazie al suo incarico istituzionale” si sarebbe assicurato “la presenza di persone a lui asservite all’interno di diverse istituzioni pubbliche locali e nazionali” che gli “garantivano la cura dei suoi interessi all’interno dell’amministrazione di appartenenza”. Gli inquirenti parlano esplicitamente di “due veri e propri ‘sistemi’ di illecito arricchimento” facenti capo agli universi economici riconducibili all’ex parlamentare e all’imprenditore di Forlì, “uniti, oltre che da saldi e fiduciari rapporti privati, da vicendevoli interessi finanziari”. Per quanto concerne la posizione dell’uomo d’affari forlivese, i pm scrivono che “si giovava di importanti conoscenze criminali legate alla malavita albanese e al narcotraffico per approvvigionarsi di denaro da reinvestire in attività formalmente lecite o per acquisto di immobili”.

Marcello Minenna, in seguito all’arresto, è stato automaticamente sospeso (come prevede la legge) dall’assessorato in Calabria. Il presidente della regione forzista Roberto Occhiuto ha dichiarato [2] di voler «confermare» la sua «fiducia a Minenna», che in Calabria «ha svolto molto bene il proprio lavoro, in modo particolare per quanto riguarda i fondi comunitari».

[di Stefano Baudino]