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Lutto nazionale e Parlamento sospeso: Berlusconi paralizza l’Italia anche da morto

Il “Re” è morto. E quindi, tutto si ferma, come mai era successo nella storia recente del nostro Paese. In questi giorni, nello stivale, non si respira l’aria di uno Stato repubblicano, ma una sorta di ritorno all’ancien régime. Da lunedì mattina, nei giornali e nelle televisioni continua la beatificazione in pompa magna e a reti unificate di Silvio Berlusconi, che oggi vedrà il suo apice ai funerali di Stato al Duomo di Milano, per i quali sono attese circa 10mila persone. Eppure, nonostante la narcotizzazione politico-mediatica di queste ore, culminata con la scelta del governo di indire il lutto nazionale e delle capigruppo di bloccare i lavori parlamentari, rispetto agli eccessi del cerimoniale berlusconiano si è scatenato il forte dissenso da parte di associazioni e importanti personaggi della cultura.

Dopo la morte di Berlusconi, le conferenze dei capigruppo dei due rami del Parlamento hanno fermato le attività, stoppando [1] i voti alla Camera e i lavori in aula al Senato. Nessuna obiezione è stata sollevata, nemmeno dai partiti di opposizione. Le votazioni alla Camera sono state quindi posticipate alla prossima settimana: L’Aula è riconvocata domani con la discussione generale sulle pensioni minime, mentre venerdì alle 9.30 avranno luogo le interpellanze urgenti. Al Senato, invece, è tutto fermo: tornerà a riunirsi solo dopo il weekend. I lavori delle commissioni, che ieri non hanno avuto luogo (la maggior parte non ce l’avrà nemmeno oggi) riprenderanno regolarmente domani. Il Presidente Ignazio La Russa ha già annunciato che il 20 giugno il Senato celebrerà la memoria di Berlusconi.

Il lutto nazionale viene ufficialmente indetto dal cerimoniale di Stato, gestito dall’ufficio della Presidenza del Consiglio, in base alle leggi vigenti. Quello di Silvio Berlusconi è un unicum nella storia repubblicana: se escludiamo il caso di Aldo Moro, vittima del terrorismo, è infatti la prima volta che viene proclamato per un ex Presidente del Consiglio che non sia stato anche Capo dello Stato. Il giorno di lutto nazionale prevede le bandiere a mezz’asta sulle facciate di tutti gli edifici pubblici e due strisce di velo nero per le bandiere interne. Durante la giornata, i membri del governo hanno l’obbligo di cancellare gli impegni pubblici e le scuole possono essere invitate a osservare un minuto di silenzio in memoria del defunto. I proprietari dei negozi, se lo vogliono, possono tenere le persiane abbassate anche per tutto il giorno. Oggi, anche le sedi della Commisione Europea e del Consiglio Europeo hanno ammainato [2] a mezz’asta le bandiere europee.

Non manca, però, chi si oppone. Il rettore dell’Università per Stranieri di Siena (l’UniStraSi), Tomaso Montanari, ha ad esempio deciso [3] che l’Ateneo non esporrà le bandiere a mezz’asta per la morte dell’ex premier. “Mi assumo personalmente la responsabilità di disporre che le bandiere di Unistrasi non scendano – ha messo nero su bianco in un comunicato Montanari -. Ognuno obbedisce infine alla propria coscienza e una università che si inchini a una storia come quella non è una università”. Una scelta che potrebbe essere foriera di guai giudiziari per il Professore. Infatti, il mancato rispetto del lutto nazionale è sanzionabile secondo l’articolo 650 del Codice penale, fino a tre mesi di carcere o con ammenda fino a 200 euro. E la Procura potrebbe procedere anche in assenza di denuncia.

Ieri è stata lanciata sulla piattaforma charge.org una petizione [4] a supporto di Montanari, che in poche ore ha raccolto oltre 73.000 firme. “Per una larghissima parte dei cittadini italiani, e non solo per questi, l’indizione da parte della presidenza del Consiglio del lutto nazionale per la morte di Silvio Berlusconi risulta in stridente contrasto con le vicende che hanno segnato e caratterizzato la vita del personaggio, ben delineate dal professor Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, nella sua dichiarazione alla comunità”, è scritto nella petizione. “Dalla P2 ai rapporti con la mafia via Dell’Utri, dal disprezzo della giustizia alla mercificazione di tutto (a partire dal corpo delle donne, nelle sue tv), dal fiero sdoganamento dei fascisti al governo alla menzogna come metodo sistematico, dall’interesse personale come unico metro, alla speculazione edilizia come distruzione della natura”, aveva scritto il Professore, parlando di “santificazione ipocrita“.

In molti hanno fatto notare che il lutto nazionale non fu proclamato nemmeno per due grandi figure come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino in seguito alle stragi di Capaci e di Via D’Amelio. Il grande paradosso è che invece, ad ottenerlo, è stato un uomo che, come accertato [5] dalla giustizia italiana, Cosa Nostra l’ha finanziata almeno per 18 anni tramite il suo braccio destro Marcello Dell’Utri (condannato per questo a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa) e che è morto da indagato tra i presunti mandanti esterni delle stragi del 1993. Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso il 19 luglio 1992 e fondatore del Movimento delle Agende Rosse, ha firmato la petizione a sostegno di Montanari, esprimendo pubblicamente il suo disappunto per la proclamazione del lutto nazionale dopo la morte di Berlusconi: «Preferirei sperare – ha dichiarato in un’intervista – che non riposi in pace così come non riposeranno in pace tutte le vittime delle stragi di mafia nel nostro Paese e sul quale c’è ancora un forte punto interrogativo».

[di Stefano Baudino]