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Non si ferma la repressione contro i No TAV: altre 8 misure cautelari

La polizia di Stato della Questura di Torino ha eseguito [1] otto ulteriori misure cautelari di obbligo di presentazione di firma nei confronti di altrettanti militanti No TAV. Il contesto è quello delle indagini preliminari per due azioni di protesta risalenti entrambe all’estate del 2022. In particolare, nel corso della prima – svoltasi il 30 giugno – i militanti erano riusciti a mettere in atto un temporaneo blocco dell’attività di trivellazione geognostica che stava avendo luogo nella frazione di San Giacomo di Susa. Con la seconda, invece – risalente al 15 settembre – militanti e residenti della Val di Susa erano riusciti per un breve periodo di tempo a bloccare l’ingresso e l’uscita dei camion che trasportavano smarino (ovvero il materiale risultante dagli scavi) dall’azienda Eslo Silos di Bruzolo. Entrambe le azioni nonviolente sono state motivate, come riportato dai comunicati del Movimento, dalla preoccupazione degli abitanti per la devastazione del territorio risultante dagli scavi preliminari – ad oggi, infatti, le operazioni di scavo per l’effettiva costruzione del tunnel di base non risultano ancora cominciate.

“Nei prati vicino alla residenza San Giacomo sono spuntate non una ma ben due trivelle, una dentro ad un prato e una più vicina all’autostrada” riporta un comunicato del Movimento datato 30 giugno 2022. Le operazioni avevano destato allarme nei residenti della zona, motivo per il quale una cinquantina di militanti si erano ritrovati sul luogo per verificare quanto stesse accadendo e disturbare l’attività delle trivelle – effettivamente interrotta e poi ripresa [2] successivamente. Telt, l’azienda che si occupa della costruzione della linea ferroviaria, aveva dichiarato [3] che non si trattava di cantieri, ma di “piezometri per il monitoraggio ambientale”. La trivellazione era infatti destinata a monitorare, attraverso un apposito tubo, lo stato delle falde acquifere, attività che sarebbe dovuta proseguire prima, durante e dopo le operazioni del cantiere TAV.

Quello del consumo di acqua e delle falde acquifere costituisce un tema delicato in Val di Susa, vista la grave siccità [4] e la crisi idrica che hanno colpito il Piemonte (e non solo) in questi anni. Secondo una denuncia [5] di Pro Natura Piemonte, infatti, fino ad oggi Telt “ha fatto un censimento ed una misurazione delle sorgenti, ma non ha prodotto studi e previsioni degli effetti della captazione”. In base a uno studio sulle venute d’acqua conseguenti alle grandi opere realizzate tra Chiomonte e Venaus negli ultimi decenni, è stata stimata “una sottrazione di 400/500 litri al secondo su di una tratta di 6 chilometri in linea d’aria che è solo 1/8 di quella del tunnel di base della nuova linea ferroviaria”, attendendo “nella forcella di previsione data dalla COWI” il valore più alto, ovvero la “sottrazione continua di 100 milioni di mc di acqua all’anno, pari al volume di 40 piramidi di Cheope, per il solo tunnel transfrontaliero”.

La seconda iniziativa, con la quale erano stati bloccati i camion in ingresso e in entrata alla Eslo Silos di Bruzolo, era stata motivata dalla preoccupazione degli abitanti della valle per il materiale trasportato. Come riportato in un comunicato [6] del Movimento, infatti, i mezzi percorrevano il tragitto dall’ex discarica di amianto di Salbertand fino alla Eslo Silos, spostamenti dei quali i residenti non erano stati informati e che potevano riguardare materiale potenzialmente molto pericoloso per la salute della popolazione.

Nonostante entrambe le iniziative siano state di natura non violenta, gli attivisti sono stati comunque sottoposti a misure cautelari. Evidentemente il prezzo da pagare, ad oggi, se si vuole esprimere qualche forma di dissenso.

[di Valeria Casolaro]