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Le app utili per un consumo alimentare etico e una spesa critica

Le nuove tecniche permettono, almeno su carta, una costante ottimizzazione del processo di produzione e distribuzione del cibo. Dall’automatizzazione oculata degli impianti di irrigazione alla creazione di inediti sistemi di navigazione che limitano le emissioni delle navi cargo, l’innovazione è in grado di offrire un potenziale futuro caratterizzato da sostenibilità e contezza. I grandi obiettivi si dimostrano però spesso ben lontani dal potere decisionale delle persone comuni, le quali possono perlomeno confidare sulle più granulari opportunità offerte loro da uno strumento d’uso comune: lo smartphone. Su piccola scala, questo strumento permette di compiere scelte che siano più consapevoli e che occasionalmente si possono dimostrare addirittura convenienti sul piano economico.

Ridimensionare le aspettative

«Qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia», sosteneva lo scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke. Questa massima può oggi assumere un significato alternativo a quello originariamente inteso, può essere riletta al fine di sottolineare come nell’immaginario pubblico la tecnologia sia vista come la soluzione definitiva a ogni problema che affligge la società. Si tratta di una visione distorta, ma che è condivisa soprattutto da coloro che non masticano i concetti hi-tech odierni, con il risultato che la digitalizzazione finisce con l’assumere le sembianze di un pensiero magico. Sebbene l’innovazione porti effettivamente i suoi vantaggi, bisogna infatti ricordare che buona parte delle battaglie etico-sociali sia fortemente radicata negli atteggiamenti e negli scopi della popolazione, più che nell’uso delle macchine. Le rivoluzioni si realizzano perlopiù a partire da azioni che sono volontarie e che spesso richiedono consapevolezza e sacrificio.

Ancor prima di pensare a come le applicazioni per telefono possano stravolgere il nostro mondo, vale la pena discutere di come queste siano in grado di assistere a dei cambiamenti che nascono direttamente dalle azioni del singolo. In tal senso, la soluzione di consumo etico più ovvia è quella di ricordarsi di acquistare frutta e verdura di stagione, accortezza che si dimostra utile tanto a livello economico, quanto sul piano organolettico. Per semplificarsi la vita è possibile dunque installare sui propri device un calendario delle stagionalità da poter consultare in base a ogni necessità. Non importa che il programma sia rozzo o essenziale. Anzi, i software più elementari tendono anche a essere quelli che meno abusano dei propri utenti. In questa sede possiamo citarvi Di Stagione [1], ma qualsiasi omologo può dimostrarsi più che sufficiente a compiere un primo passo nella giusta direzione.

Qualora si volesse puntare su una maggiore coscienza sul cosa finisce nel carrello della spesa, segnaliamo accessori digitali quali FishVerify [2]o Identificatore di pesce [3], applicazioni che tramite uno scatto fotografico possono identificare il pescato presente sul banco del pescivendolo. Si tratta di un genere di strumenti che non sempre dimostrano l’efficienza desiderata, ma in quelle occasioni in cui funzionano come dovrebbero sono in grado di fornire utili informazioni ittiche, compresa l’habitat naturale in cui quei pesci vengono pescati.

Una spesa che sia misurata

Per assicurarsi che la propria spesa sia etica è sempre più necessario sviluppare un senso critico nei confronti delle origini dei prodotti acquistati, nonché garantire un occhio d’attenzione nei confronti delle aziende a essi associati. Un’app utile a questo scopo è certamente Buycott [4], strumento che richiede molto lavoro “dal basso”, ma che se ben utilizzato può trasformarsi in un lettore di codici a barre che in un attimo rimanda a tutte le informazioni necessarie a boicottare produttori e distributori che si macchiano di problematiche di vario tipo. La creazione dell’archivio rappresenta una sfida tutto meno che agevole, è una procedura lenta e macchinosa, fortemente dipendente dagli sforzi volontari degli utenti, tuttavia l’operazione rimane alla portata di tutti. Anche di coloro che non sono avvezzi al linguaggio della programmazione informatica.

Complessa, ma in modo diverso, è la pratica di acquistare merci e cibarie direttamente dai produttori sfruttando uno sforzo collettivo e comunitario. Un esempio su tutti di questa direzione è L’Alveare che dice Sì! [5], realtà che imbastisce una filiera di distribuzione corta per assicurare che il ricavato della vendita sia incanalato in gran parte verso i produttori d’origine. Gli utenti ordinano le cibarie e le bevande che desiderano, quindi una volta a settimana possono provvedere a ritirarle in uno dei molteplici punti di raccolta noti per l’appunto come “alveari”. 

Amabili resti

Gli sprechi alimentari si contano ogni anno in milioni di tonnellate. Riducendo anche solamente del 25% questo salasso, 4 milioni di poveri [6] riuscirebbero a mangiare senza dover fare affidamento a soluzioni emergenziali. In altre parole, sarebbe opportuno che tutti, privati compresi, cercassero di adottare un atteggiamento maggiormente parsimonioso. Un modo relativamente semplice per ammortizzare il contraccolpo di un carrello eccessivamente pieno viene offerto da app quali Scadenze Alimentari [7] o Fridgely [8], le quali tengono nota delle date di scadenza degli alimenti presenti nel proprio frigorifero. Questi strumenti notificano agli utenti l’approssimarsi del tempo utile per la consumazione dei cibi, una consapevolezza che può dunque essere rinforzata dal software Svuotafrigo [9]: si selezionano gli ingredienti che si devono smaltire e l’applicazione propone di per sé potenziali ricette utili a far piazza pulita dei rimasugli giacenti in dispensa.

Gli sprechi non sono tuttavia limitati al solo piano domestico. A fine giornata, ristoranti, bar e locali devono regolarmente sbarazzarsi dei cibi invenduti. Salvare la merce in eccesso donandola ad associazioni di beneficenza non è affatto facile, tuttavia il recupero diventa decisamente più agile quando si interfaccia direttamente con i privati cittadini, i quali possono mettere le mani sui prodotti in eccesso con soluzioni agili e relativamente economiche. Perlomeno qualora siano disposti ad accettare che i loro acquisti siano parzialmente determinati dal caso. Vi sono molteplici applicazioni che si dedicano a questa tipologia di transazioni, tuttavia i due nomi che dominano il panorama sono certamente Phenix [10]e Too Good to Go [11]. Adoperare queste alternative corporative può altresì far storcere il naso, se non altro perché viene spesso da chiedersi se i locali registrati sulle loro piattaforme abbiano effettiva necessità di smaltire la merce o se le loro eccedenze siano strategicamente calcolate a fini promozionali.

Senza dover passare necessariamente dalla sfera aziendale, le app di recupero alimentare possono anche essere gestite direttamente dalla comunità. Si tratta però di un’impresa epocale, seppur fattibile. Ci sono parzialmente riusciti i tedeschi del Foodsharing Network [12], i quali hanno sfruttato le loro competenze tecniche per consolidare una community molto attiva che ha dato a sua volta vita a un programma [13]dedicato attivo sui telefoni Android. L’influenza di questa organizzazione è per ora estremamente marginale e quasi del tutto confinata all’uso della lingua tedesca, tuttavia il gruppo si dimostra aperto a esportare il proprio format al mondo intero, qualora vi fosse un gruppo di coraggiosi e competenti pronto ad abbracciare la sfida.

[di Walter Ferri]