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La Catalogna risponde all’emergenza abitativa espropriando ai grandi proprietari

In Italia, dove quasi una casa su tre non è occupata [1]gli studenti hanno lanciato [2] la mobilitazione nazionale contro il caro affitti, piazzando tende di fronte alle università in segno di protesta. Mentre nel nostro Paese il dibattito politico è infiammato dal consueto rimpallo di responsabilità per l’emergenza abitativa, in Catalogna il governo autonomo discute gli ultimi dettagli del decreto che permetterà l’esproprio degli alloggi vuoti appartenenti a grandi proprietari per ampliare la domanda immobiliare. L’iniziativa coinvolgerà le aree ad alta densità abitativa, dove gli immobili verranno utilizzati a favore dei soggetti a rischio esclusione sociale. Parte della stampa mainstream grida allo scandalo, denunciando l’attacco indiscriminato nei confronti della proprietà privata. Tuttavia, basterebbe una superficiale conoscenza del diritto per capire come l’esistenza di uno Stato democratico si basi su un continuo equilibrio tra principi che, per coesistere, vanno limati. In questo modo, il provvedimento catalano non può che apparire come un tentativo di bilanciare il diritto alla proprietà privata con quello alla casa, allo studio o al lavoro.

Secondo gli auspici della comunità autonoma, i primi espropri dovrebbero avvenire all’inizio del 2024. Prima di arrivare all’assegnazione, si procederà con il censimento degli alloggi, durante il quale i grandi proprietari (intestatari di almeno 5 case) dovranno dimostrare che gli appartamenti a loro disposizione sono in affitto o comunque disponibili per una locazione sociale [3]. Gli immobili idonei all’esproprio finiranno invece nel Registro delle abitazioni vuote e non occupate, che si rinnoverà ogni qual volta un appartamento resterà sfitto o vuoto per più di due anni consecutivi. Il provvedimento interesserà inizialmente 14 comuni della Catalogna per un totale di 50-70 immobili. Per finanziare le operazioni di esproprio, l’esecutivo ha messo a disposizione un budget da 5 milioni di euro. Il governo tenterà prima l’accordo monetario con i proprietari; in caso di mancata intesa, sarà la comunità autonoma a dettagliare l’indennizzo. «Il governo utilizza tutti gli strumenti a sua disposizione per rispondere alle necessità delle famiglie vulnerabili. L’obiettivo è che la gente viva negli appartamenti vuoti», ha dichiarato Juli Fernàndez, deputato del Parlamento catalano.

Anche a livello nazionale, il governo ha avanzato diverse soluzioni per contrastare l’emergenza abitativa, schierandosi a favore dei cittadini più vulnerabili. Il Consiglio dei Ministri ha varato un piano per rendere disponibili circa 50.000 case in affitto a prezzi accessibili. Il Congresso dei Deputati ha invece approvato [4] la nuova “Ley de Vivienda“, che prevede un limite del 3% agli aumenti degli affitti nelle cosiddette aree ad alta “tensione”, ossia quelle zone del Paese che negli ultimi anni sono state esposte a un aumento indiscriminato dei prezzi immobiliari. Una tendenza alimentata, tra le altre cose, dal boom degli affitti turistici brevi, il settore che meglio ha risposto alle nuove preferenze [5] dei viaggiatori post-pandemia. «La casa in Spagna è un diritto costituzionale ma non reale. I giovani devono aspettare troppo tempo prima di essere in grado di lasciare le case dei genitori e ottenere la propria indipendenza», ha dichiarato il primo ministro Pedro Sánchez.

In Portogallo, invece, il governo Costa ha presentato [6] un nuovo piano da 900 milioni di euro per contrastare l’aumento indiscriminato del costo degli affitti che negli ultimi anni ha colpito il Portogallo. Nello specifico, sono previsti mutui agevolati per aiutare le famiglie e sussidi (fino a 200 euro mensili) per quei nuclei con un reddito complessivo lordo di massimo 2.700 euro che versano più del 35% di ciò che guadagnano nell’affitto. Nella manovra sono poi contemplati scenari di intervento pubblico nel settore privato, con lo Stato pronto a prendere in affitto immobili per poi subaffittarli a prezzi sociali o ad acquistare gli oltre 700mila edifici abbandonati, convincendo i privati attraverso forti sgravi fiscali sul ricavato dell’operazione.

[di Salvatore Toscano]