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L’Italia verso l’uscita dal patto con la Cina per rafforzare i rapporti con Taiwan

L’Italia, con tutta probabilità, non rinnoverà l’accordo con la Cina riguardante la Belt and Road Initiative. Non che tale accordo, preso nel 2019 dal governo Conte I, avesse prodotto grandi risultati, se non a livello simbolico, ma funzionari governativi dicono che tra non molto sarà reso ufficiale. Indizio in questa direzione è un viaggio a Taiwan di una delegazione italiana avvenuta sul finire del mese scorso.

Il patto legato alla Belt and Road Initiative, firmato dall’Italia con la Cina nel 2019, scade a marzo 2024 e si rinnoverà automaticamente a meno che una delle due parti non informi l’altra del proprio ritiro, dando un preavviso scritto di almeno tre mesi. La testata britannica Reuters ha rivelato [1] le dichiarazioni di un funzionario governativo italiano, il quale ha detto che non verrà presa una decisione formale prima del vertice del G7 di questo mese in Giappone, ma che comunque verrà data comunicazione di voler ritirarsi dall’accordo. Il funzionario ha inoltre spiegato che il governo utilizzerà come giustificazione per il mancato rinnovo dell’accordo la scarsa rilevanza dello sviluppo economico portato dal medesimo.

Nel viaggio [2] a Taiwan, i funzionari di Roma hanno discusso i piani per aumentare la cooperazione sulla produzione e l’esportazione di semiconduttori durante. Nell’accordo con Taipei, i funzionari hanno detto alla loro controparte taiwanese che l’Italia è disposta a eliminare la sua partecipazione alla Belt and Road Initiative [3] (BRI, detta anche Nuova Via della Seta) cinese come segno di buona volontà affinché vi siano relazioni diplomatiche più strette. Recentemente, il Ministero degli Affari Esteri di Taiwan ha annunciato [4] l’intenzione di aprire un secondo ufficio di rappresentanza a Milano, in Italia.

Il passo verso il rafforzamento della produzione di semiconduttori e della cooperazione per l’esportazione arriva mentre l’Italia cerca di ridurre la sua dipendenza dal settore tecnologico cinese, con gli Stati Uniti che stanno spingendo tutti i Paesi “alleati” a creare catene di approvvigionamento che escludano la Cina, specie proprio nel settore tecnologico e informatico.

La strada era già stata tracciata quando l’ex governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, come Primo Ministro del governo italiano, nel 2021, ha di fatto congelato l’accordo con la Cina e condotto uno screening critico degli investimenti cinesi nel paese, ponendo il veto – con la golden share – a tre acquisizioni [5] cinesi.

La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è orientata a portare avanti la politica del suo predecessore, Draghi, e già in campagna elettorale [6] aveva mostrato quale fosse la sua posizione. E quest’ultima, a differenza di molte altre, sarà rispettata, l’Italia sarà certamente al fianco di Washington sul fronte taiwanese.

[di Michele Manfrin]