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Il governo mette un ultraconservatore alle politiche sulle droghe

Il governo guidato da Giorgia Meloni ha un nuovo consulente al Dipartimento per le politiche antidroga: si tratta di Massimo Gandolfini, neurochirurgo e psichiatra noto per essere uno dei leader del Family Day. Tra i primissimi obiettori di coscienza sull’aborto, professore all’Università del Sacro Cuore e consultore della Congregazione delle cause dei santi, Gandolfini era già da tempo entrato nelle grazie del leader leghista Matteo Salvini, con cui ha mantenuto ottimi rapporti. Che, evidentemente, hanno pesato nella nomina.

L’incarico – si legge nell’aggiornamento periodico degli esperti chiamati dal governo – consiste nell’attività di consulenza mediante supporto medico scientifico in materia di tossicodipendenze e dipendenze. Gandolfini, che lavorerà a braccetto con il sottosegretario Alfredo Mantovano e in stretta collaborazione con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e con il Guardasigilli Carlo Nordio, conferma che sarà chiamato a offrire un contributo anche legislativo in materia di droghe, promettendo di esercitare la sua azione su tre direttrici principali: il «contrasto incondizionato alla droga», «l’informazione capillare nelle scuole» e «la prevenzione e repressione dove è necessario».

Gandolfini si batte da molti anni – e a questo proposito il suo profilo è assolutamente in linea con l’approccio da sempre tenuto sul tema dalla maggioranza che lo ha selezionato – contro la legalizzazione della cannabis. Il nuovo consulente del governo Meloni è infatti sempre stato contrario a distinguere tra droghe leggere e droghe pesanti: in un’intervista a Interris del 2020, il professore dichiarava: «Va detto a chiare lettere che in ambito scientifico tossicologico non esiste la distinzione fra droghe “leggere” e droghe “pesanti”. Tutte le droghe usate a scopo “ricreativo” sono sostanze nocive, tossiche e il loro uso deve essere contrastato sia sul piano informativo/culturale, sia su quello della repressione a opera delle forze dell’ordine». Gandolfini auspicava poi «antidoti di carattere legislativo e giuridico» da parte dell’Esecutivo allora in carica al fine di «contrastare fermamente l’utilizzo di ogni tipo di droga, senza eccezioni», criticando la proposta di legge per la commercializzazione libera della cosiddetta cannabis light.

Nel 2019, quando la Corte di Cassazione dichiarò legale la produzione di cannabis per uso personale, commentò così: «La sentenza banalizza il consumo di droga, inventa un diritto a drogarsi che non ha alcun fondamento giuridico e alimenta una cultura dello sballo e dell’abuso». Secondo il professore, infatti, la liberalizzazione costituirebbe «il primo passo verso l’uso di droghe pesanti e lo confermano statistiche mondiali». In ultimo, Gandolfini si è distinto per aver avanzato forti critiche alla fiction Rai su Rocco Schiavone, concentrandosi in particolare sulle caratteristiche personaggio interpretato da Marco Giallini: «Dal punto di vista educativo fa molto male – ha detto – perché vedi un personaggio, un commissario, che si fa gli spinelli e conduce la sua normale attività e questo è falso e sbagliato». Insomma, la larga fazione smaccatamente conservatrice della maggioranza può contare su un nuovo centravanti di sfondamento.

[di Stefano Baudino]