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Con la scusa della deterrenza gli USA piazzano testate nucleari in Corea del Sud

Stati Uniti e Corea del Sud stringono il loro legame nel 70° anniversario della loro alleanza. Il Presidente della Corea del Sud, Yoon Suk-yeol, si è recato a Washington da Joseph Biden per una cerimonia che è stata occasione di approfondimento delle relazioni bilaterali, soprattutto in termini di strategia geopolitica, sicurezza e deterrenza nucleare. La giustificazione del rafforzamento dei legami militari è data dalle nuove attività missilistiche poste in essere dal vicino del Nord, da Pyongyang, ma sullo sfondo non si può non vedere l’obiettivo più grosso, la Cina.

Il presidente Joseph Biden e il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol, mercoledì, hanno annunciato un nuovo accordo, la Dichiarazione di Washington [1], che mira a “scoraggiare l’aggressione nordcoreana”, oltre che rafforzare ed estendere i già stretti rapporti tra i due Paesi, con nuovi [2] accordi anche di carattere commerciale. In una conferenza stampa congiunta alla Casa Bianca, Biden ha salutato quella che ha definito «alleanza ferrea», che «si è formata in guerra ed è fiorita in pace». Dalla Casa Bianca, Biden ha poi detto: «Il nostro trattato di mutua difesa è rivestito di ferro e questo include il nostro impegno a estendere una deterrenza – e questo include la minaccia nucleare, il deterrente nucleare». Infatti, gli Stati Uniti impegneranno un sottomarino dotato di testate nucleari in Corea del Sud (l’ultima volta che era accaduto era nel 1980). Gli USA non piazzeranno missili balistici nucleari su suolo coreano ma bordo dei propri sottomarini nucleari che saranno destinati, di volta in volta, a pattugliare l’area. Sarà schierato uno dei 14 sottomarini lanciamissili balistici a propulsione nucleare (SSBN) di classe Ohio, capace di trasportare fino a 20 missili balistici Trident II. «La pace sostenibile nella penisola coreana non avviene automaticamente», ha detto il Presidente sudcoreano Yoon. Lo stesso Presidente ha poi proseguito spiegando che i due Paesi hanno deciso di rafforzare significativamente la deterrenza nucleare estesa contro le minacce nucleari e missilistiche della Corea del Nord, «in modo da poter raggiungere la pace attraverso la superiorità di forze schiaccianti e non una falsa pace basata sulla buona volontà dell’altra parte».

Perché utilizzare sottomarini anziché schierare missili a terra? «La deterrenza nucleare richiede che, sebbene l’avversario sappia dell’esistenza e della portata delle armi dello stato nucleare, non possa conoscere l’esatta estensione o posizione delle capacità o quando potrebbero essere impiegate», spiegò [3] nel gennaio scorso il comandante della Marina degli Stati Uniti, Daniel Post, sulla rivista Proceedings dell’Istituto navale degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti dicono di non voler vedere la proliferazione nucleare nella penisola, quindi hanno cercato di rassicurare il loro alleato rendendo le loro forze più visibili nell’area, incluso il volo di bombardieri B-52 con capacità nucleare nei cieli intorno alla Corea del Sud (CDS). Dunque, riassumendo, missili nucleari piazzati a terra no, ma nel mare a bordo di sottomarini e nel cielo a bordo di bombardieri, si.

Nella dichiarazione congiunta, nella parte definita Alleanza strategica globale, si legge la condanna alla Russia e il pieno sostegno all’Ucraina di entrambi i Paesi. In merito all’alleanza tra USA e CDS, troviamo scritto: “Come perno per la pace e la prosperità nell’Indo-Pacifico, la nostra Alleanza è cresciuta ben oltre la penisola coreana, riflettendo il ruolo vitale dei nostri due paesi come leader globali nel promuovere la democrazia, la prosperità economica, la sicurezza e l’innovazione tecnologica”. In questo viene anche lodata la partnership della CDS con l’alleanza NATO e con quella denominata AUKUS – formata da Australia, Regno Unito e Stati Uniti. Per quanto riguarda la Corea del Nord, mentre viene estesa la deterrenza nucleare, il presidente Biden e il presidente Yoon hanno ribadito il loro impegno a favore della diplomazia quale unico mezzo praticabile per raggiungere una pace duratura nella penisola coreana e invitano. Inoltre, i due presidenti si sono impegnati a “costruire un futuro migliore per tutto il popolo coreano e sostenere una penisola coreana unificata, libera e in pace”. In altre parole i due presidenti si impegnano a rimuovere la Corea del Nord, indipendente e riconosciuta internazionalmente in quanto aderente, nel 1991, insieme alla Corea del Sud, alle Nazioni Unite.

Nella dichiarazione viene inoltre spiegata di come sarà espansa la cooperazione in tutto l’Indo-Pacifico, già da tempo zona geostrategicamente identificata dagli Stati Uniti come utile nel contenimento cinese, in svariati settori d’interesse: sicurezza, tecnologia e biotecnologia, biologia, commercio, cambiamenti climatici e sicurezza alimentare. Poi, la questione centrale: Taiwan. I due presidenti hanno quindi ribadito “l’importanza di preservare la pace e la stabilità nello stretto di Taiwan quale elemento indispensabile di sicurezza e prosperità nella regione”. Con la dichiarazione, i due Paesi si oppongono fermamente a qualsiasi tentativo unilaterale di cambiare lo status quo nell’Indo-Pacifico, come rivendicazioni marittime illegali e la militarizzazione. Il Presidente Yoon e il Presidente Biden hanno inoltre ribadito il loro impegno a preservare il commercio senza ostacoli, la libertà di navigazione e sorvolo e altri usi legittimi del mare, anche nel Mar Cinese Meridionale e oltre, come indicato nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.

Prima del suo viaggio il Presidente sudcoreano, in merito a Taiwan, aveva affermato: «l’aumento delle tensioni intorno all’isola è dovuto ai tentativi di cambiare lo status quo con la forza; la questione di Taiwan non è semplicemente una questione tra Cina e Taiwan ma, come la questione della Corea del Nord, è una questione globale». Secca la risposta cinese che avverte la Corea del Sud di non seguire ciecamente gli Stati Uniti poiché questo si potrebbe ritorcere contro i suoi stessi interessi. Sulle affermazioni di Yonn, il vice ministro degli Esteri cinese, Sun Weidong, ha reso dichiarazioni [4] solenni all’ambasciatore sudcoreano in Cina, Chung Jae: «C’è solo una Cina al mondo e l’isola di Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese. La questione di Taiwan è puramente un affare interno della Cina e la soluzione della questione di Taiwan è affare del popolo cinese, e nessuna forza sarà autorizzata a interferire».

Insomma, anche la penisola coreana sembra adesso entrare nei giochi dello scacchiere mondiale in cui l’Occidente a trazione statunitense tenta con sempre maggior forza di mantenere il suo potere a discapito dell’asse sino-russo, spalleggiato dagli amici dei BRICS e di altri Paesi, con alcuni (vecchi) amici degli statunitensi che iniziano a distaccarsi da Washington.

[di Michele Manfrin]