- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

La politica ha trasformato il 25 aprile nella festa dell’ipocrisia

«E anche questo Natale se lo semo levato dalle palle» disse l’Avvocato Covelli in Vacanze di Natale. Purtroppo, e lo dico con rammarico, si prova la stessa sensazione pensando al 25 aprile. E non per i valori o quel pezzo di storia italiana che andrebbe celebrata o, per lo meno, ricordata. Come sempre il circo politico, capace di strumentalizzare ogni cosa e svilire ogni ricorrenza con tonnellate di parole, gesti e azioni inutili conditi da vagonate di ipocrisia, rovina ogni cosa. Prendiamo la Meloni. Ha preso “carta, calamaio e penna” per scrivere un’indimenticabile lettera al Corriere della Sera con la quale lanciare il suo messaggio urbi et orbi: “Il 25 aprile sia la festa della libertà”. Però. “Che pensieri soavi, che speranza, che cori Giorgia mia”. Parla di libertà una premier arrivata sì a palazzo Chigi, ma non al potere. Al potere ci stanno sempre gli altri, quelli che doveva contrastare e che adesso non fa altro che ossequiare. Sta tornando quatto quatto il patto di stabilità e crescita (PSC), quell’insieme di regolette europee che hanno imposto manovre lacrime e sangue e che si basa sul trattato di Maastricht. Pensate, il PSC venne stipulato nel 1997 mentre Maastricht venne firmato nel 1992. Erano gli anni delle privatizzazioni, dei regali ai Benetton, del Partito Democratico della Sinistra che iniziava a svendere i propri valori, del panfilo Britannia sul quale Draghi, di fatto, elogiava la liquidazione dell’industria pubblica italiana. Ronald Reagan e Margaret Thatcher (“che brucino all’inferno” cit. Prof. Alessandro Barbero) erano appena usciti di scena ma il reaganismo ed il tatcherismo iniziavano a far breccia nella cosiddetta sinistra nostrana. Pensate a quante cose sono accadute da allora. Guerra in Bosnia, bombardamenti su Belgrado (la Nato riporta la guerra nel cuore dell’Europa dopo 54 anni), poi la guerra in Afghanistan, quella in Iraq, la crisi dei subprime, la tempesta finanziaria in Europa e le speculazioni bancarie, la guerra in Libia, quella in Siria, poi la crisi migratoria, il Covid. Infine la guerra in Ucraina ed il nuovo ordine mondiale che si sta sviluppando negli ultimi mesi. E in tutto ciò l’Europa che fa? Pensa di ritornare a regolette pensate ed approvate nei primi anni ’90. Un’era geologica fa. E la Meloni zitta, muta, guai ad indispettire la tecnocrazia europea che un tempo faceva finta di contrastare. Parla di libertà. Quale libertà? Quella di di dire o signor sì o of course President a Biden. Proprio lei che difiniva le sanzioni dell’Unione europea contro la Russia una decisione “scellerata” presa solo per “servire interessi stranieri”. Si riferiva alle richieste di Obama a Renzi. Ebbene Biden era il vice di Obama ma lei se l’è scordato.

Per non parlare di La Russa, la seconda carica dello Stato che ha pensato bene di deporre un mazzo dei fiori sul luogo dove Jan Palach, un patriota (lui sì) cecoslovacco, nel gennaio del 1969 si diede fuoco per protestare contro le ingerenze politiche e militari dell’URSS sul suo Paese. Ebbene il La Russa che omaggia la memoria di Jan Palch è lo stesso La Russa che, da ministro della Difesa, si mise sull’attenti quando, sempre Obama (spinto dalla Clinton), Sarkozy (spinto dai suoi sporchi interessi personali) e Napolitano (spinto dal desiderio perenne di ossequiare qualsiasi forma di imperialismo) chiesero all’Italia di partecipare all’ignobile intervento militare in Libia. Le conseguenze di quella guerra che ha rappresentato per gli interessi italiani la più grande sconfitta dalla II Guerra Mondiale in poi, le stiamo ancora pagando in termini di destabilizzazione del Mediterraneo o di aumento dei flussi migratori.

Ma anche dall’altra parte (se di altra parte davvero possiamo parlare) lo spettacolo è patetico. I cosiddetti anti-fascisti preferiscono combattere affinché alla Costituzione venga riconosciuto lo status di Costituzione anti-fascista piuttosto che cercare di realizzarne i principi. Eppure i politici sono pagati per questo. Per trasforme i principi costituzionali in leggi dello Stato che a loro volta possano garantire diritti. Ma è più semplice per loro parlare della copertina piuttosto che del contenuto. In fondo sono stati proprio loro i primi a violare la Carta. Stramaledetti ipocriti. “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” recita l’articolo 1. Cos’è oggi il lavoro e cos’è la democrazia? Un tempo i poveri erano i disoccupati. Oggi è povero chi lavora, persino chi di lavori ne deve fare due o tre per pagare le bollette. E cosa significa democrazia in un Paese dove milioni di persone (e la stragrande maggioranza dei più giovani) ha smesso di votare. Ad abolire l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sono stati i successori del PCI. Lo vogliamo dimenticare? O vogliamo dimenticare che i principali sponsor dell’invio di armi in Ucraina, una palese violazione dell’articolo 11 della Costituzione, sono sempre loro, Schlein inclusa? E vogliamo dimenticare che a spingere per le privatizzazioni (ce lo chiedeva l’Europa) sono stati sempre loro? Gli ex-comunisti che si ricordano dell’anti-fascismo una volta all’anno non potendo vantarsi di nient’altro. È dannatamente comodo parlare esclusivamente del carattere anti-fascista della Costituzione dimenticando, anzi, profanandone ogni contenuto da ormai decenni.

Poi ci sono i “radicali”, quelli che sventolano bandiere ucraine il giorno della liberazione per provare a convincerci delle similitudini tra la Resistenza al nazi-fascismo e l’esercito di Kiev. Un esercito armatissimo, sostenuto dalle principali potenze del pianeta (dal 2014, tra l’altro) e che si sta sì difendendo da un’invasione (d’altro canto ogni guerra inizia con un’invasione) all’interno di un contesto che ormai dovrebbe apparir chiaro a tutti. Non una guerra Russia contro Ucraina, ma una guerra Nato contro Russia in Ucraina. Un esercito, tra l’altro, dove sono stati incorporati battaglioni che ancora oggi inneggiando al nazismo. Dunque parlare di lotta partigiana riferendosi a quel che sta avvenendo in Donbass è ridicolo. Lo spettacolo, ripeto, è stato patetico, meschino, ipocrita. E lo è ancor di più riflettendo su una cosa semplice. Il popolo che più di ogni altro sta combattendo, loro sì come i partigiani, contro un’occupazione militare straniera è il popolo palestinese. Il più dimenticato del pianeta. D’altro canto, come scrisse l’attivista palestinese Hanan Ashrawi, “i palestinesi sono l’unico popolo sulla terra a cui è chiesto di garantire la sicurezza degli occupanti, mentre Israele è l’unico Paese che esige di essere protetto dalle proprie vittime”. Questa è la realtà, tutto il resto è ipocrisia.

[di Alessandro di Battista]